Qualsiasi studio serio e scientifico,
non può prescindere da una attenta e puntigliosa
raccolta di informazioni attinte possibilmente da fonti
originali; condotto
separando chirurgicamente i fatti dalle opinioni
personali, scremando leggende da verità storiche che,
specie nel caso di Venezia, inquinano ogni recesso della
sua storia.
Sembra
una cosa logica ma troppe volte abbiamo scoperto quanto
questo aspetto sia trascurato, sia nei trattati di storia
con la “S” maiuscola, sia nei casi di cronaca dove
incompetenza, sciatteria, pigrizia, (senza entrare nel
dolo) inquinano le prove a tal punto da rendere inutile
ogni passo successivo di ricostruzione e di giudizio.
Figurarsi
quindi cosa sia successo fin d’ora in una branca come la
marineria che, come ogni storia “materiale” è sempre
stata considerata minore; gli unici trattati esistenti
infatti si dilungano solo sugli aspetti militari ed
economici, scritti in modo libresco senza nessun interesse
per gli aspetti tecnologici che sono, in fin dei conti, i
veri elementi che fanno la differenza in battaglia, nel
commercio e nelle esplorazioni.
Il
peccato originale di questo approccio sta nella
separazione che ancora esiste tra il mondo di chi scrive
da quello reale; è meno faticoso infatti addentrarsi
nello studio archivistico, piuttosto che entrare in un
cantiere, vincere la naturale diffidenza dei proprietari o
dei pescatori, e farsi raccontare quali siano le reali
problematiche di una costruzione navale, della
navigazione, della pesca. La ricerca etnografica è un
terreno accidentato lastricato di molte informazioni
sbagliate date sia in buona fede, sia per coprire i
giustificati segreti tipici di ogni mestiere o anche
aspetti illegali. Questo faticoso e pericoloso sistema ci
ha però permesso di entrare con i piedi nel piatto,
raccogliendo meravigliose dimostrazioni sull’aspetto
istintivo della costruzione, della navigazione e della
pesca.
Anche
i documenti storici ufficiali sono pericolosi, nonostante
ci si accapigli su antitetiche interpretazioni di un
indagine sociale o di uno studio statistico relativo ai
giorni nostri, ci si affida invece a loro senza sospettare
che possano mentire o perlomeno avere addomesticato la
realtà; e che comunque siano solo “una” delle voci
dei protagonisti, innanzitutto di chi sapeva scrivere e
che deteneva il potere.
Per
tutte queste ragioni abbiamo scelto la strada più lunga,
quella che cerca di integrare ogni fonte, facendole
interagire fra di loro, come esposto nel nostro intervento
al
IX International
Symposium on Boat and Ship Archaeology, e nel protocollo di lavoro
che abbiamo elaborato assieme a Mauro Bondioli,
rappresentato nello schema seguente.
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