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Vela al terzo. Tradizione o innovazione?

 
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Scuffia d'oro
L'aumento della velatura, il suo innalzamento, sommato alla riduzione del peso degli scafi porta facilmente al ribaltamento, in temine tecnico scuffia.
Eccomi protagonista di una scuffia nel 1994, di cui fui parzialmente causa spostandomi leggermente sottovento, non immaginavo certamente che ci si potesse rovesciare con brezze leggere o addirittura in bonaccia. Conoscevo solo i racconti dei pescatori che parlavano di rovesciamenti provocati da fortunali o colpi di vento improvvisi.
 (L'importante fu mettere in salvo per prima cosa la bottiglia di rosso... poi le donne e i bambini) Da Yacht Digest 1994.
 
Questi inconvenienti sono ormai così frequenti che l'Associazione vela al terzo conferisce un premio alla "migliore". Guardate questo video del topo Corsaro che si rovescia al rallentatore in completa bonaccia, ma non è il massimo: ho visto con i miei occhi una sanpierota capotarsi all'ormeggio!
 
Guarda il video

Spero che i nuovi regolamenti - vedi più sotto - riportino le misure di alberi, pennoni e vele a quelle distillate dalla tradizione, in secoli di prove ed errori.


 

Segnaliamo con piacere che l'Associazione Vela al terzo di Venezia ha accolto i suggerimenti sull'uso di innovazioni tecnologiche negli scafi e negli armi inserendo nel regolamento precisi paletti a salvaguardia della tradizione.
 
 
 
 
 
Scarica il nuovo regolamento (pdf)

 

L'associazione Vela al terzo di Venezia è una delle più meritorie per il suo impegno costante alla conservazione degli scafi tradizionali ma sopratutto nel loro uso. In questo modo sono sopravvisute molte barche ed altre sono state costruite ex novo. Le loro regate sono un piacevolissimo colpo d'occhio per numero e qualità di scafi impegnati in serratissimi ingaggi.

 
 
Purtroppo moltissimi fra i loro soci per si segnalano per la sfrenata fantasia nell'introdurre modifiche su scafi ed attrezzature che poco hanno a che fare con la tradizione. Su questo argomento ci eravamo espressi già con l'articolo su Laguna Mare del 2004.
 

Ora si discute in particolare sull’introduzione degli strozzascotte, ma le argomentazioni a favore o contro si possono estendere anche a tutte le altre modifiche tecniche. 

Non vi è dubbio che gli strozzascotte siano più efficienti, rapidi, sicuri e precisi delle classiche caviglie, in pratica sono “migliori” della soluzione tradizionale. Il problema però sta proprio nell’aggettivo “migliore”

Provo a spiegarmi meglio con un esempio: immaginiamo che l’associazione invece che di barche tratti automobili storiche, cosa succederebbe se un socio “migliorasse” la sua preziosa Bentley sostituendone i fari a lampadine con più efficienti ed ecologici led, installando il servosterzo, marmitta catalitica, aria condizionata? Sarebbe immediatamente cacciato su due piedi dal consesso facendo una magra figura di incompetente, oltre a ritrovarsi fra le mani un mezzo dal valore commerciale nullo. 

Purtroppo puntando soprattutto sulle regate l’associazione ha sì aumentato in modo considerevole il numero degli iscritti e attivisti, ma ha stimolato “inventori” di ogni sorta. Alberi snodabili su barche di 6,5 (!) metri, quello di maestra posti davanti al trasto, quelli di trinchetto infilato sull’estrema prua; timoni e vele di tutte le forme e dimensioni, caricabasso, boline, scotte murati nei posti più impensabili, tek in coperta, caviglie ogni dove, acciaio inossidabile, per non parlare delle forme delle nuove costruzione che di tradizionale hanno solo il nome. (Vedi Nuove forme)

 

Alcuni dettagli di una sanpierota: l'albero fissato a prua del trasto e numerosi strozzascotte.
 

Il vizio sta nell’unica regola di ogni competizione: chi arriva primo ha ragione; anche se la sua barca ha una linea ridicola, anche se ha ottenuto questo risultato con escamotage al limite del regolamento o con interpretazioni capziose di regole.  

Per questo motivo con le macchine d’epoca si fanno gare di regolarità e non di velocità; non potendo per ovvi motivi far competere macchine da corsa con quelle da lavoro, o mezzi costruiti in epoche troppo distanti fra di loro. In questo modo si stimola l’abilità del conducente e non la potenza del mezzo.  

Per provare l’ebbrezza della velocità, per avere mezzi che rispondono rapidamente alla virata, che non scarroccino ecc. già un secolo fa molti velisti avevano abbandonato le barche da lavoro per creare nuove classi, come ad esempio le splendide derive “550”, diventate al loro volta “barche d’epoca”. 

In conclusione la regola da seguire, a mio modesto parere, è molto semplice: le imbarcazioni con vela al terzo devono essere, ne più né meno, come erano le loro progenitrici senza invenzioni né migliorie. Non per immobilismo culturale ma per il piacere di navigare con barche legate alla tradizione, con tutti i loro pregi e i loro limiti, di poveri ma nobili strumenti di lavoro.

 

 
Si notino, oltre alla vela molto alta, lo strozzascotte della maestra e l'articolato caricabasso

 

 

 

Sanpierote con coperta in tek

 
 

 

 
 

 

 

 
Spostamento del centro velico
Spostamento a prua dell'albero su una sanpierota.
 
Sempre più spesso si vedono vari escamotage per modificare la posizione del centro velico sulle barche tradizionali. Quasi sempre lo si fa spostando la mastra sulla faccia prodiera del trasto, come nei casi raffigurati. Mi permetto di suggerire che a volte basterebbe inclinare leggermente l'albero in avanti per ottenere lo stesso risultato senza stravolgimenti dello scafo. Questo sistema era sempre usato su bragossi e topi dove l'albero di maestra era inclinato in avanti a seconda dei casi esaminati da 0° a 5°. Questi ritocchi d'assetto si possono fare, come consueto, con zeppe amovibili poste sulla scassa.
 
Inclinazione verso prua dell'albero di maestra di un bragozzo

 

 

 

: penzo.gilberto