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Nuovi schienali di gondole

 

Articolo di Silvio Testa sul Gazzettino 17-11-2006

 


 

Compensato sì compensato no, di Silvio testa

Il Gazzettino, Lunedì, 13 Novembre 2006

Niente compensato per le «nuove» gondole
In giunta passa il nuovo regolamento: il particolare tipo di legno si potrà usare solo per l'opera viva. La soddisfazione del Felze

Tra "Crea" e il "Felze", il Comune ha optato per i secondi. La giunta, infatti, ha approvato il nuovo Regolamento per il servizio pubblico di gondola, tagliando la testa al toro nella polemica "compensato sì - compensato no" che ha diviso l'ex campione del la Regata Storica, ora squerariol alla Giudecca, e l'associazione degli artigiani di qualità che lavorano appunto attorno alla gondola. «L'uso del compensato - afferma dunque il nuovo regolamento - è ammesso ma non consigliato esclusivamente per l'opera viva».
In sostanza, il compensato marino potrà essere utilizzato solo per la parte immersa della gondola, il fondo, cioé, e non potrà servire per fare i "nomboli", i "serci", le "çimonel e", i "fiuboni", i "trasti", le "nerve" e le "falche", tutte le parti dello scafo, cioé, che da sempre vanno realizzate con 8 tipi diversi di legno. Il regolamento, anzi, precisa che il corpo del la gondola è «esclusivamente in legno, con le essenze lignee elencate in allegato (un allegato povero e in realtà del tutto insufficiente rispetto alle 295 parti di cui è fatta una gondola, ndr) e i metodi costruttivi consolidati dalla tradizione». Dunque, niente uso di colle e sparachiodi.

Tra "El fel ze" e Gianfranco Vianello "Crea" (nel la foto) nel le settimane scorse era scoppiata una dura polemica. «Se cento anni fa i veneziani avessero avuto il compensato, l'avrebbero certamente usato», aveva sostenuto "Crea", che al Consorzio del la Cantieristica minore costruisce gondole in buona parte di compensato, che vanno per la maggiore tra i gondolieri. "Crea" aveva ricordato che il primo a usare il compensato era stato il grande Nino Giuponi, che legno buono non se ne trova più, che le sue gondole reggono meglio al moto ondoso, ma il presidente del Felze, il remèr Saverio Pastor, era andato giù duro. «Anche noi cerchiamo l'innovazione - aveva detto - ma non per rendere più semplice il nostro lavoro, o perché non siamo capaci di farlo secondo tradizione, ma per migliorare il nostro prodotto, conservandone o accrescendone la qualità». Pastor aveva anche sottolineato che il senso di un prodotto artigiano è la sua unicità, che gondole in compensato (e forcole fatte col pantografo) sono quanto di più seriale e omologato si possa immaginare.

La giunta gli ha dato ragione, ed ora spetterà al consiglio comunale, lunedì prossimo, mettere il sigillo definitivo alla questione. Il nuovo regolamento entra anche nel l'arredo della gondola, cercando di porre fine al dilagare di intagli, ori, broccati, çimieri smisurati che stanno snaturando la raffinata eleganza del la gondola trasformandola in una barca pacchiana. «Carretti siciliani», diceva Nedis Tramontin, il patriarca degli squerarioli veneziani, indiscusso maestro del la gondola.

Il ferro (dolfin) dovrà essere dunque di acciaio, con leggere decorazioni ma senza trafori, gli elementi metallici decorativi dovranno essere tutti in ottone o bronzo di getto, secondo i campioni depositati all'Ente gondola (che ha proposto le modifiche regolamentari), con le misure massime indicate per i "canòni" da prova e da pope e per il "feràl". Il "rizo" da pope dovrà andare in unico pezzo d'acciaio: ammessa ma non consigliata la parte superiore ribaltabile, su assenso del bancàl, ma l'abbattimento dovrà avvenire esclusivamente nel momento del passaggio sotto i ponti altrimenti intransitabili per la marea.

Su "fiubòni" e "tolèle" sono ammessi gli intagli, mentre il çimier, alto al massimo 35 cm, dovrà essere nero, con limitate applicazioni di doratura in oro zecchino. Il regolamento, infine, definisce le divise e gli "armizi" (remi, forcole, teli), e ovviamente il colore del la gondola: nero, lucido, come nero dovrà essere il sottomarino.

Silvio Testa


 

 Alessandro e Ermanno Ervas con due ferri per gondola. Foto Gilberto Penzo

17-11-2006

Fabbri o "saldocarpentieri"

Purtroppo viviamo in tempi dove c'è la tendenza di banalizzare tutto con la scusa della produttività e del progresso. Sta forse per succedere alla gondola quello che è successo ormai da circa venticinque anni al ferro cosiddetto battuto: con la scusa di sollevare dalla fatica fisica ed intellettuale torme di fabbri sudanti sugli incudini si è provveduto a fornire loro i pezzi preformati e i disegni per gli assemblaggi, con un coro di consensi anche da parte di persone che per cultura e formazione mai mi sarei aspettato.

La campagna antifatica ha fatto sì che un folto gruppo di "saldocarpentieri" che mai avevano visto in vita loro una incudine né una forgia e neppure un disegno siano diventati improvvisamente artisti del ferro "battuto" ( sconfitto e bastonato) dando vita ad una serie di nefandezze anche culturali dalle quali difficilmente ci salveremo. Nel contempo quelli che lavoravano con coscienza e cognizione di causa hanno dovuto riconvertirsi banalizzando la loro produzione per poter sopravvivere. La cultura del saper fare e quindi anche del saper consigliare non solo un disegno ma sopratutto delle modalità di costruzione è venuta meno dando la stura ad uno stuolo di improvvisatori con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti. A questo disastro si è cercato di ovviare con l'istituzione delle famosissime ISO 9000 e rotti per cercare di dare una parvenza di serietà a quello che serio non è.

 Mai imbroglio più grande e generalizzato nei confronti della gente indotta a credere che una ditta che è in possesso dell'ISO sia una ditta sulla quale fare sempre affidamento: ho personalmente restaurato serrature di cinquecento anni che con solamente una pulizia dalla ruggine sono tornate a funzionare perfettamente, mentre moderne serrature prodotte da note ditte molto "ISATE" non hanno durato che un paio d'anni. Certo ci sono problemi con il personale, con i materiali che spesso sono di difficile reperimento, con i nuovi demenziali regolamenti che hanno trasformato qualche decina di artigiani in tanti stabilimenti petrolchimici. Ho dovuto, per la mia forgia, presentare una serie di documentazioni quasi fossi la Montedison per scoprire che l'addetto alle pratiche non sapeva nemmeno di cosa si trattasse. Ecco la nostra battaglia deve essere combattuta contro l'IGNORANZA che ci sta assediando sempre più sotto le forme più diverse ma travestendosi sopratutto da modernità.

Sempre forti

Ermanno Ervas
 


 

 

3 agosto 2006

da Ermanno Ervas    Fabbro

Sono perfettamente d'accordo che la tradizione è un magma in perenne movimento e che ognuno cerca di apportare le modifiche che ritiene opportune pensando di migliorare il prodotto. Tutto questo è giusto e legittimo finché rimane entro l'etica del mestiere senza stravolgerlo e senza sopratutto stravolgere il prodotto finale. A questo punto tutto può essere legittimo e giustificabile basta non tener conto di cosa significhi l'oggetto gondola nel suo complesso e nello specifico della città. Io non sono un cultore di barche, non sono veneziano, non so vogare e porto con me una colossale ignoranza di tutto ciò che è marinaro o che possa galleggiare sull'acqua che non sia un pezzo di legno, tuttavia sono rimasto affascinato dal mondo e dalla cultura che circola intorno alle imbarcazioni, alla sapienza che in millenni di sperimentazioni, appunto,ha fatto sì che alcuni pezzi di legno assemblati potessero non solo trasportare cose e uomini ma anche essere "belli" nel senso non solo estetico ma anche nella funzionalità di un oggetto pensato e costruito per poter essere usato in un certo luogo piuttosto che in un altro. In altre parole la gondola e l'insieme di barche, non solo veneziane sia chiaro, sono l'espressione di una civiltà e di una cultura degli artigiani di una città e di un popolo. Forse è inevitabile che in una certa epoca e in certo luogo avvenga che ci sia chi non rispetta le regole e che infranga i tabù o presunti tali per volgere gli avvenimenti a proprio vantaggio. E' sempre successo e succederà ancora, ma se permetti posso capire che questo lo possa fare un estraneo alla cultura del luogo, alieno ai valori rappresentati, non da chi di quel luogo dovrebbe essere espressione.

Continuando di questo passo a breve avremo la gondola in plastica, tanto quando è dipinta chi la riconosce: i veneziani se ne fregano, per i turisti và sempre bene purché luccichi e per i gondolieri è ottima perchè costa poco ( forse ), anzi mi stupisco che non l'abbiano ancora fatta, anzi quasi quasi la faccio io che non tradisco alcuna cultura. Ma sai ciò equivale a porre nella propria libreria una di quelle enciclopedie da commercianti di mobili quelle fatte di sole copertine con le incisioni in oro ma prive assolutamente di qualsiasi contenuto: tanto devono solo apparire e non essere; quindi il problema non è lo sperimentare nuovi materiali o nuove tecniche ma lo stravolgere completamente l'etica del lavoro per imporre i propri interessi con l'aggravante di usare le terminologie della tradizione come paravento o meglio come specchietto per le allodole. Tutto questo lo dico a ragion veduta perchè è già successo con il ferro  dove una valanga di prodotti di scadentissima fattura, ma accompagnati da una propaganda suadente rivolta da una parte all'artigiano meno attento ai valori del mestiere, e dall'altra al progettista  e al consumatore finale, ha fatto sì che travolgesse tremila anni di storia fabbrile. La colpa di tutto ciò non è delle macchine in sè che anzi se usate con intelligenza possono dare ottimi risultati anche dal punto estetico,né dai nuovi materiali, ma dal loro uso. Una volta ho avuto una accalorata discussione con un fabbro di Siena che accusava noi veneti di adoperare il maglio nei nostri lavori paventando l'abbandono dell'uso del martello e quindi la perdita di quella manualità che è la quintessenza del mestiere artigiano. Io affermavo che tale macchina esiste da circa mille anni e che è stata inventata e usata principalmente per risparmiare fatica e che moltissimo dipendeva dalla sensibilità dell'operatore: il maestro di mio padre lo adoperava sia per i vomeri degli aratri che per i fiorellini dei lampadari. Un altro mio collega lo adopera per bastonare senza pietà un pezzo di ferro che poverino non ha fatto nulla di male. Sensibilità diverse o culture diverse? Uno  batte per dar forma e vita l'altro per far vedere che è ferro battuto: il primo è, il secondo appare. In un periodo dove i valori etici sono a livello di tappeti lustrascarpe nascono anche queste aberrazioni e non è sufficiente porsi a lato e vedere come andranno le cose quasi come notai che registrano gli accordi altrui, ma occorre reagire proponendo ciascuno l'etica del proprio mestiere senza paura di apparire vecchi e superati da innovazioni che valgono più da trappole per gonzi che reali pezzi d'artigianato.

Ermanno Ervas    Fabbro

 

 

 

 

 

 

 

 

 

email Gilberto Penzo