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								SCAVOLINI | 
							 
							
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								«Sono stati i social network a convincerci a 
								cambiare» | 
							 
						 
						
							
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								LA REPLICA | 
							 
							
								| 
								Ma il sindaco rivendica i suoi meriti nella 
								trattativa | 
							 
						 
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								Il Gazzettino, Giovedì 26 Maggio 2011, | 
							 
							
								
								La Scavolini nemmeno sapeva che i 
								mega-cartelloni che esponeva in Piazza San Marco 
								- sborsando fior di quattrini - erano "invisi" 
								da tanti veneziani. E che non piacevano, 
								soprattutto, né al sindaco Giorgio Orsoni, né 
								alla Soprintendenza. La trattativa è passata 
								tutta attraverso gli intermediari (il gestore 
								dei ponteggi, Dottor group, e la concessionaria 
								pubblicitaria) che, pare, non abbiano riferito 
								un bel nulla. L’interessato, alla fine, l’ha 
								scoperto per caso, a cartelloni già esposti, su 
								Facebook, quando è stato bombardato dalle mail 
								inviperite di quelli dei 40x Venezia e 
								Venessia.com, che l’hanno addirittura convinto a 
								cambiare cartelloni. 
								      Così Venezia si vende (male) i suoi spazi 
								pubblicitari più preziosi. O così almeno hanno 
								raccontato ieri due dei protagonisti di questa 
								vicenda - il direttore generale di Scavolini, 
								Vittorio Renzi, e i due social network veneziani 
								- in una improvvisata conferenza stampa in un 
								caffè di Piazza. «Che il sindaco sia intervenuto 
								in questa vicenda, l’ho scoperto dai giornali di 
								oggi - ha dichiarato, tranquillo, Renzi -. Noi 
								abbiamo sempre trattato solo con la 
								concessionaria. Ci hanno proposto questa offerta 
								last-minute per San Marco e abbiamo accettato. 
								Non posso dire il prezzo, diciamo che è stato un 
								investimento rilevante. Inizialmente ci avevano 
								chiesto di ridurre l’immagine della cucina e 
								ingrandire quella del marchio, avevamo fatto 
								delle prove, ma poi il concessionario ci ha 
								detto che non era più necessario». La scelta di 
								cambiare del tutto l’immagine è, invece, nata in 
								seguito, dal dialogo su Facebook. «L’attacco, 
								all’inizio, è stato pesante, ma poi è diventato 
								costruttivo - ha ricostruito sempre il direttore 
								generale -. Un’azienda come la nostra cerca il 
								consenso, non il dissenso. E ci è parso giusto 
								trattare la cosa in modo un po’ più rispettoso 
								per Venezia». In pochi giorni la nuova immagine 
								era pronta, poi c’è voluta più di una settimana 
								per avere la nuova autorizzazione dal Comune. 
								«Questo deve diventare un precedente per Venezia 
								- ha commentato Emanuele Dal Carlo, il 
								pubblicitario dei 40x che ha gestito la 
								trattativa con Scavolini -: Venezia va venduta 
								in un modo diverso». 
								      Piccata la replica, a distanza, del 
								sindaco Orsoni che ha ribadito la sua 
								ricostruzione dei fatti: «Io, ovviamente, non ho 
								mai trattato con Scavolini. Ma in base al 
								contratto con il concessionario, i bozzetti 
								della pubblicità devono avere il consenso del 
								sindaco e della Soprintendenza. Io avevo detto 
								che quell’immagine della cucina non mi sembrava 
								adatta. Non so cosa sia successo con Scavolini e 
								non mi interessa. So solo che Dottor mi ha detto 
								che stava cercando di far cambiare il bozzetto, 
								ma che per il momento, visto che era un’offerta 
								last-minute, c’era la necessità di mettere 
								quell’immagine. Mi ha anche detto di essere 
								disposto a chiudere il contratto per Palazzo 
								Ducale con i 600 mila euro mancanti, che in 
								mancanza di sponsor, avremmo dovuto mettere noi. 
								Di fronte a 600 mila euro, anche l’immagine 
								della cucina mi è parso un problema minore. Poi 
								mi arrivato il bozzetto senza cucina. Poi ho 
								visto che qualcuno si era preso il merito». | 
							 
						 
						
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										LA RICOSTRUZIONE 
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										E’ sempre una questione di soldi 
										con gli sponsor che dettano legge | 
									 
								 
								
								 
 Il Gazzettino, Giovedì 26 Maggio 2011,  | 
							 
							
								| 
								Storia emblematica di cosa non si faccia, a 
								Venezia, per portare a casa un po’ di quattrini. 
								A rileggere le dichiarazioni di questi giorni, 
								quelle immagini che campeggiavano su Palazzo 
								Ducale non piacevano proprio a nessuno. La 
								soprintendente Renato Codello ha dichiarato di 
								aver fatto presente che le «dimensioni 
								dell’immagine della cucina non lasciavano 
								percepire l’altro aspetto della campagna, quella 
								a sostegno del restauro di Palazzo Ducale. Ma 
								non c’era stato nulla da fare». Pure il sindaco 
								Giorgio Orsoni era contrario al mega-poster 
								della cucina. Ed entrambi avevano il potere di 
								bocciare i bozzetti, ma non l’hanno fatto. 
								Perché? Questioni di soldi, ovviamente, per 
								delle realtà pubbliche, come Comune e 
								Soprintendenza, sempre più alla fame. Ieri 
								Orsoni lo ha ammesso con un sorriso ironico: «Di 
								fronte a 600.000 euro, anche l’immagine della 
								cucina mi è parsa un problema minore...». Resta 
								la curiosità su quanto abbiano pagato Scavolini 
								e gli altri sponsor per questi spazi. E quanto 
								abbia incassato Dottor. (r. br.) | 
							 
						 
						
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						Il popolo di Internet "cambia" la pubblicità | 
                   
                  
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								Il Gazzettino, Martedì 24 Maggio 2011, | 
							 
							
								
								Là dove non sono riusciti Comune e 
								Soprintendenza (cosa incredibile, data la forza 
								dei loro atti) ce l’ha fatta un manipolo di 
								veneziani volonterosi e "armati" di un computer 
								connesso a Internet. Così, la megapubblicità del 
								gruppo Scavolini affissa sulla facciata di 
								palazzo Ducale, che raffigurava una cucina 
								formato gigante in bella mostra è stata 
								cambiata. Al suo posto c’è ora un’immagine molto 
								più sobria, meno sfacciatamente pubblicitaria, 
								che rende certamente più onore al luogo e alla 
								città che ospitano il messaggio della celebre 
								azienda pesarese. I vertici della Scavolini 
								hanno dunque deciso di accogliere i messaggi di 
								disappunto e le numerose critiche di tanti 
								veneziani e di spendere decine di migliaia di 
								euro per modificare la maxi-affissione.  
								      La vittoria è stata conseguita grazie al 
								fronte unito dei social network locali 
								Venessia.com e 40xVenezia, forti insieme di 
								oltre tremila iscritti. Quindi, un nucleo per 
								nulla trascurabile di persone, intese come 
								potenziali elettori ma anche come potenziali 
								consumatori. 
								      «Credo che abbiamo dimostrato come i 
								cittadini, servendosi della Rete possano 
								contribuire a cambiare le cose - commenta Matteo 
								Secchi, portavoce di Venessia.com -. Ma 
								soprattutto abbiamo messo dei paletti sulle 
								prossime affissioni che verranno fatte in città. 
								Le aziende dovranno tener conto anche di ciò che 
								pensano i veneziani. Quelle intelligenti come 
								Scavolini lo hanno immediatamente capito e hanno 
								agito di conseguenza». 
								      Tutto era nato da un post sulle pagine 
								Facebook e Twitter della Scavolini in cui si 
								parlava di "poster domination". Un termine 
								evidentemente forte e rude, che ha urtato la 
								sensibilità di quanti soffrono a vedere Venezia 
								considerata solo come un museo a cielo aperto e 
								senza abitanti in grado di esprimersi al di là 
								della richiesta di soldi in negozi, alberghi, 
								bar e ristoranti. In pochissimo tempo il post 
								della Scavolini è stato invaso da moltissimi 
								messaggi che invitavano l’azienda, in modo 
								garbato ma fermo, a lasciar perdere quel termine 
								e a studiare invece un’immagine più adeguata, 
								qualcosa di più in sintonia con Venezia e il 
								Canal Grande. Una richiesta che alla fine è 
								stata accolta dall’azienda. Ed è arrivata la 
								nuova maxi affissione, senza cucina in bella 
								vista. 
								      Michele 
								Fullin | 
							 
						 
						
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						«Basta maxi affissioni a Venezia»
						
						Galan: metodi alternativi per trovare i fondi necessari 
						alla cultura  | 
                   
                  
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						di Enrico Tantucci | 
                   
                  
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						VENEZIA. Ha sempre il Veneto e Venezia nel cuore, anche 
						da nuovo ministro dei Beni Culturali e così Giancarlo 
						Galan - già insediato negli uffici di Via del Collegio 
						Romano che non vedevano il suo predecessore Sandro Bondi 
						mettervi piede da oltre due mesi - ha già aperto il 
						«dossier» dei problemi della cultura in laguna, 
						lanciando subito il suo «grido di dolore» contro le 
						maxipubblicità che la deturpano. Pronto a battersi per 
						la loro eliminazione. Ministro Galan, diversi monumenti 
						veneziani in restauro, a cominciare da quelli dell'area 
						marciana sono ormai «segnati» dalle maxipubblicità sui 
						ponteggi e le polemiche sull'impatto sull'immagine della 
						città non si spengono. Qual è il suo giudizio? «Che 
						bisogna fare qualcosa, perché non è possibile andare 
						avanti così. Venezia, ma gli stessi visitatori che 
						vengono per ammirarla, non meritano questo spettacolo. 
						Passare per il Canal Grande e vedere questa sfilata di 
						pubblicità provoca un senso di scoramento. E' 
						assolutamente necessario agire perché le maxipubblicità 
						progressivamente spariscano e i monumenti tornino al 
						loro aspetto. Sono convinto che i cartelloni 
						pubblicitari abbiano ormai un effetto negativo per le 
						stesse aziende che vi compaiono e che si vedono 
						associate alle polemiche per il degrado dell'immagine di 
						Venezia che provocano». Il sindaco Giorgio Orsoni e lo 
						stesso soprintendente ai Beni Architettonici e 
						Paesaggistici di Venezia Renata Codello ripetono sempre 
						che ne farebbero volentieri a meno, ma che i fondi che 
						portano le maxipubblicità sono indispensabili per il 
						restauro di quei monumenti. «E infatti non si tratta di 
						criticare sindaco e soprintendente che si trovano ad 
						affrontare problemi reali, legati alla mancanza dei 
						fondi per i restauri da parte del mio stesso ministero, 
						che conosco bene. Il punto è trovare nuove forme di 
						coinvolgimento di imprese e sponsor negli interventi che 
						non risultino così impattanti. Sono convinto che sia 
						possibile e sono pronto a dare tutto il mio appoggio 
						alla città in questa direzione». A proposito di restauri 
						e di carenze di fondi, è ormai un caso quello del 
						cantiere delle Grandi Gallerie dell'Accademia. I lavori dovevano 
						finire in teoria nel 2007, è saltata la già annunciata 
						inaugurazione di giugno - in occasione della Biennale - 
						e nessuno si sbilancia più a dire quando quei lavori 
						finiranno. «Per quel cantiere c'è innanzitutto un 
						problema di fondi per completare i lavori che sono stati 
						in parte ritirati perché non spesi nei tempi previsti. 
						Ora i fondi sono al Ministero dell'Economia. Cercherò di 
						sbloccarli perché tornino a Venezia. L'imperativo è 
						terminare al più presto i lavori e aprire le Grandi 
						Gallerie nel giro di sei mesi. E' un impegno che prendo, 
						sentiti anche soprintendenti e direttore generale». 
						29 marzo 2011 
						
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                      Nuova pubblicità in Campo San Bartolomeo | 
                   
                  
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						IL CASO 
						
						
						
						In centro storico spunta un’altra maxi affissione 
						
							  
						
						
						Il Gazzettino, Martedì 11 Gennaio 2011, 
						
						
						In campo San Bartolomeo un grande tabellone 
						pubblicitario campeggia su una parete della omonima 
						chiesa. È solo l’ennesima maxi affissione che 
						caratterizza la città storica ormai da molti mesi a 
						questa parte. Nel denunciare questa apparizione la 
						consigliera comunale del Pdl, Marta Locatelli, chiede di 
						rivedere una volta per tutte il regolamento, che 
						consente a Stato e Chiesa di non pagare l’imposta sulla 
						pubblicità. Una polemica analoga sta nascendo anche sul 
						futuro "nuovo" ponte dell’Accademia. 
						
						
						Sono passate solo poche settimane dall’ultima eco della 
						polemica sulle affissioni invasive, comparse qua e là in 
						tutta la città con lo scopo di raccogliere fondi legati 
						al restauro dei monumenti momentaneamente imballati dai 
						ponteggi. Settimane di dibattito evidentemente sterile, 
						se è vero che in campo San Bartolomeo ne è comparsa una 
						nuova, che copre una parte della chiesa, senza che il 
						Consiglio comunale ne fosse stato informato. A chiederne 
						conto è il consigliere del Pdl, Marta Locatelli, la 
						quale chiede di far partire al più presto la revisione 
						del regolamento sulle pubbliche affissioni, che ha 
						evidentemente delle falle in cui molti ci hanno 
						sguazzato. Come? Ad esempio garantendosi l’esenzione 
						dalla tariffa sulla pubblicità, che tradizionalmente Ca’ 
						Farsetti concede ai beni dello Stato e della Curia. Un 
						vantaggio che secondo Locatelli sarebbe ingiustificato. 
						      «Nonostante non sia stata data alcuna risposta 
						alle mie precedenti interrogazioni - attacca - in campo 
						San Bartolomeo appare una nuova maxi affissione con 
						evidente impatto visivo sull’intero campo. Vorrei sapere 
						se anche in questo caso siamo di fronte a una pubblicità 
						quale contributo per il restauro, se sia stato pagato il 
						canone autorizzatorio ovvero l’imposta sulla pubblicità 
						(Cimp) che viene pagato a livello nazionale da tutte le 
						società di pubblicità». 
						      Questo il caso singolo, che tra l’altro sembra 
						un’installazione fine a se stessa, cioè utilizzata per 
						finanziare dei lavori che la pubblicità non nasconde 
						dietro il suo tabellone, come è accaduto finora. 
						      «La base di partenza - propone Locatelli - può 
						essere solo una modifica del Regolamento dove solo il 
						Comune può essere autorizzato a gestire, di concerto con 
						la Soprintendenza, le maxi affissioni anche su immobili 
						di proprietà della Curia o dello Stato. Procedura che 
						non è stata adottata né per il palazzo Ducale, né per il 
						museo Correr né per il ponte dell’Accademia. Entrambi i 
						bandi sono infatti andati deserti e come sempre si è 
						giunti a trattativa privata». 
						      Il bilancio 2011 e le tariffe Cimp sono ancora in 
						fase di definizione, quindi difficilmente il Comune, 
						anche se ritenesse non più sostenibili certe 
						agevolazioni, potrebbe rivisitare in tempo utile il 
						Regolamento. Tuttavia, per una riflessione seria i tempi 
						sembrano essere maturi, anche perché ci sono diverse 
						questioni poste da consiglieri comunali che attendono 
						una risposta.  
						
						Michele Fullin 
						   | 
                   
                  
                    
                       
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						·                                
						
						Venezia, regate senza finanziamenti, gondolini 
						con lo sponsor 
						
						
						
						La Nuova Venezia 27 12 2010 di Alberto Vitucci 
						
						La Regata Storica 
						2010VENEZIA. 
						Il mondo delle regate alla ricerca di sponsor. I premi 
						diminuiscono di anno in anno, il Comune non ha soldi. E 
						l'unico sbocco è la ricerca di finanziatori privati. Con 
						una novità che potrebbe essere quasi «storica» per il 
						mondo del remo. 
						 
						Gli esperti stanno valutando la proposta avanzata da 
						alcuni regatanti di inserire il logo dello sponsor anche 
						sulla fiancata delle barche. Una novità clamorosa, la 
						prima volta nel mondo delle regate. 
						 
						Qualche decennio fa Strigheta e Ciapate furono 
						squalificati perché portavano il marchio della Coca 
						Cola. Oggi marchi e loghi di aziende sponsor sono 
						ammessi soltanto sulle maglie, con misure controllate 
						dal Comune. Ma i tempi sono cambiati, e come si leggono 
						le pubblicità enormi sulle facciate dei palazzi lungo il 
						Canal Grande, così si potrebbe aprire la strada alla 
						pubblicità sul gondolino, ripresa in primo piano dalle 
						telecamere Rai durante la diretta. Se ne sta parlando a 
						Ca' Farsetti, in vista della ripresa dell'attività.  
						 
						L'assessore al Turismo Roberto Panciera aveva criticato 
						il grido d'allarme arrivato dai campioni. «Rappresentare 
						la propria città all'interno della festa storica 
						dovrebbe essere considerato un onore», dice, «e in ogni 
						caso non ci sono risorse pubbliche a disposizione più di 
						così. Bisognerebbe toglierle ai servizi sociali». Unica 
						strada, dice Panciera, quella del coinvolgimento delle 
						aziende private. Molti già lo fanno, come la Nuova che 
						offre premi ai primi equipaggi che passano sotto il 
						ponte dell'Accademia, premi vengono offerti anche da 
						enti e banche della città. E molti ristoratori offrono 
						il disnar ai regatanti. 
						 
						Una tradizione che Benito Vignotto, campione di 
						Sant'Erasmo e fondatore della regata moderna delle donne 
						(1977) ha avviato anche per gli equipaggi femminili. 
						«Voglio ringraziare tutti coloro che hanno dato la loro 
						disponibilità e ci hanno ospitai», dice Benito, «i Do 
						Forni di Paties, la Fiaschetteria Toscana, la Vecia 
						Cavana, i ristoranti da Ivo, all'Angelo, Canaletto, Ae 
						Do Spade, Harry's bar, alla Busa da Lele, ai Vetrai, al 
						Gatto Nero di Burano, al Gambero, Lunardelli, Nalin.  | 
                   
                  
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                    | 
                      
						Siccome al peggio non c'è 
						mai fine ecco come hanno ridotto il Palazzo Ducale, ogni 
						commento è inutile come la giustificazione che la 
						pubblicità paga i restauri. | 
                   
                  
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                    | 
                      Le foto sono di Alessandro 
						Tagliapietra | 
                   
                  
                    
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						Centri storici soffocati dal cattivo 
						gusto 
						L'archistar Foster: "Italia, cambia la legge"
						
						I  direttori dei musei internazionali lanciano l'appello 
						al ministro Bondi: salvate Venezia deturpata. Sotto tiro 
						i cartelloni pubblicitari che "impacchettano" i 
						monumenti. La Soprintendenza della città lagunare 
						spiega: "Soldi sponsor indispensabili per restauri"
						
						di CARLO ALBERTO BUCCI | 
                   
                  
                    
                      
						
						ROMA - 
						A Roma più di sessanta palazzi storici trasformati in 
						cartelloni pubblicitari. A Firenze almeno 37 edifici 
						ammantati di poster. E Milano che di réclame formato 
						cantiere ne conta qualcosa come 261. E poi Venezia, che 
						ha solo 6 gioielli impacchettati per pubblicizzare 
						Rolex, Coca Cola, Bulgari. Ma è la perla della Laguna ad 
						aver svegliato lo sdegno internazionale.  
						 
						Contro l'uso delle sponsorizzazioni invadenti sui 
						ponteggi di restauro a palazzo Ducale e sul ponte dei 
						Sospiri i direttori dei maggiori musei del mondo, 
						capeggiati dall'archistar sir Norman Foster, hanno 
						scritto al ministro dei Beni culturali Sandro Bondi e al 
						sindaco Giorgio Orsoni. Chiedono che mai più su piazza 
						San Marco e sul ponte dei Sospiri i turisti si trovino 
						davanti i mega poster: réclame gigantesche che nascondo 
						- fino alla fine dei lavori, nel settembre 2011 - gli 
						archi e le grazie dell'architettura gotica. Ma la 
						lettera degli esperti internazionali coinvolge tutto il 
						sistema dei restauri in Italia. Si apre infatti con una 
						richiesta precisa "al governo italiano": "cambiare la 
						legge che permette le enormi pubblicità sui ponteggi dei 
						palazzi pubblici". 
						 
						La lettera, firmata tra gli altri da Neil MacGregor del 
						British Museum e da Glenn Lowry che guida il Moma di New 
						York, è stata lanciata dalla rivista Art Newspaper. 
						Bondi ha deciso di non rispondere. Replica la 
						soprintendente veneziana Renata Covello: "Abbiamo 
						soltanto 6 palazzi storici "impacchettati" di 
						pubblicità: attualmente Firenze ne ha 37, Roma più di 
						67, Milano 261". Spiega l'architetto: "I soldi dei 
						privati sono indispensabili per i restauri e poi ricordo 
						cantieri-poster anche sul British di Londra o al Neue 
						Museen di Berlino. Sappiatelo a Venezia è vietata la 
						pubblicità per le strade ed è la città meglio conservata 
						e tutelata al mondo". 
						 
						Ancora più duro il sindaco Orsoni: "Questi illustri 
						personaggi pensano forse che siamo dei selvaggi con 
						l'anello al naso?". Palazzo Ducale è del demanio ma dal 
						1924 il Comune l'ha in gestione e, con i 7 milioni di 
						euro di incasso l'anno dalla biglietteria, tieni in 
						piedi tutti i musei civici. Per i restauri, deve quindi 
						rivolgersi agli sponsor. Che pretendono però poster in 
						bella evidenzia, previa autorizzazione statale del 
						bozzetto pubblicitario. "Lo prevede la legge - incalza 
						Orsoni - Vengano a Venezia i soloni di Londra e New York 
						a vedere come stiamo restaurando i monumenti e 
						amministrando bene la città". 
						 
						Stato e Comune vanno a braccetto anche al Colosseo. E 
						hanno lanciato una gara che entro il 30 ottobre ci dirà 
						quanti sono i "mecenati" pronti a investire nei 10 
						progetti di restauro. Gli sponsor dovranno indicare la 
						cifra che sono pronti a versare. Ma anche in che modo 
						intendono farsi pubblicità. Sapendo però che mai 
						potranno incartare le arcate del Colosseo con foto di 
						ragazze ammiccanti. Ne va del decoro del simbolo di 
						Roma. "Ma se solo l'altro ieri hanno montato un mega 
						poster con la pubblicità di un'auto sui ponteggi di un 
						palazzo privato che s'affaccia proprio sul Colosseo, e 
						con tanto di illuminazione sparata che non serve certo 
						alla sicurezza del cantiere", denuncia Massimiliano 
						Tonelli del comitato "Cartellopoli", associazione che a 
						Roma si batte contro i circa "130mila cartelloni abusivi 
						piazzati lungo le strade, mentre il Campidoglio ne 
						ammette appena un terzo". 
						 
						Almeno le pubblicità sui restauri salvano i monumenti. 
						Ma spesso non si tratta di lavori indispensabili. E 
						scoppiano le polemiche. È successo nel 2008 per il 
						restauro "griffato" di Castel dell'Ovo a Napoli e l'anno 
						scorso per il maxi striscione réclame su Ponte Vecchio a 
						Firenze. A Roma, solo quest'estate, dopo circa otto mesi 
						di cantiere disabitato, sono stati tolti i poster che 
						coprivano la facciata di palazzo Venezia. Un intervento 
						da appena 160mila euro deciso per una caduta di polvere 
						da un cornicione. A Venezia, almeno, palazzo Ducale è 
						entrato in cura dopo che nel 2007 una pietra da 30 chili 
						si era schiantata su piazza San Marco. 
						
						 
						(ha collaborato Nicola Pellicani) 4 
						ottobre 2010 | 
                   
                  
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                      Pubblicità alle Gallerie 
						dell'Accademia | 
                   
                  
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                      Pubblicità alla Salute | 
                   
                  
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                      Forti con i deboli e deboli 
						con i forti | 
                   
                  
                    
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                      A proposito di pubblicità 
						ammessa o vietata, ricordo le continue minacce di multa 
						che i vigili urbani mi rivolgevano perché mettevo un 
						paio di biglietti da visita sulla vetrina, in modo che i 
						clienti potessero prenderli. Secondo loro incorrevo nel 
						reato di pubblicità senza autorizzazione... | 
                   
                  
                    
                       
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						PUBBLICITÀ & IMMAGINE Al Venetian coperto 
						Palazzo Ducale    | 
                   
                  
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                      La 
						finta Venezia a Las Vegas copia anche le maxi affissioni | 
                   
                  
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						Paolo Navarro Dina, Il Gazzzettino, 
						Mercoledì 27 Ottobre 2010 | 
                   
                  
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						Quando ci si mettono gli americani, beh, 
						non ci sono storie. La foto qui accanto la dice lunga. 
						Ricordate Las Vegas? Ovvio. E la Venezia completamente 
						rifatta da quelle parti? Già, mattone per mattone, 
						gondola su gondola, canale per canale. Bene. Ora negli "States" 
						hanno voluto essere ancora più realisti. Sulle facciate 
						del "finto" Palazzo Ducale - proprio per renderlo uguale 
						a quello vero - ci hanno piazzato dei "megacartelloni" 
						pubblicitari. Presa per i fondelli in salsa yankee? 
						Nossignori. Marketing bell’e buono. 
						      Come dire: se lo fa la Venezia "vera", perché non 
						possiamo farlo noi che ne abbiamo una tutta fasulla? 
						Già. Sottile ironia. Ed ecco quindi i "poster" sulla 
						facciata del "Ducale Palace" in bella mostra. Come 
						diceva quel famoso presentatore: vedere per credere... 
						      Intanto al di là della "copia" americana, sul sito 
						di "The Art Newspaper", il "Giornale dell’Arte" in 
						lingua inglese, sono apparsi in questi giorni i commenti 
						dei lettori sulle notizie rilanciate dal giornale sui 
						"cartelloni pubblicitari" e ancor di più dopo la lettera 
						di alcuni dei direttori dei musei più prestigiosi al 
						mondo. E qui, è possibile leggere veramente di tutto, e 
						soprattutto commenti da tutto il mondo, con un unico 
						soggetto "Venezia e i manifesti pubblicitari". Anche se 
						si tratta di opinioni di lettori anglosassoni se ne 
						possono leggere di cotte e di crude con pareri discordi. 
						C’è la signora che vive in Florida che, riferendosi ai 
						manifesti, li giudica "abominevoli"; un lettore di Ney 
						York che parla di "scelta terribile", ma non manca 
						nemmeno un certo "Mark" che scrive dal profondo Texas e 
						che non si lamenta: «Ottima scelta, idea originale". E 
						aggiunge: "Lo farei anche su tutte le auto che 
						transitano sulle strade...".  
						      Ma in maggioranza sono commenti critici, qualche 
						lettore ci va con l’accetta: «Sarebbe opportuno che si 
						iniziasse un boicottaggio contro tutti gli inserzionisti 
						che si prestano a questi scempi" - tuona Jerry da San 
						Francisco, mentre Claudia sempre dalla California, 
						rilancia: «É una vergogna - dice - per queste aziende 
						che non rispettano nulla. Dovrebbero avere maggior gusto 
						per le loro pubblicità e rispettare di più Venezia». 
						      E qualcun altro, come Martha nel cuore del Midwest 
						americano, profonda provincia d’Oltreoceano che, dopo 
						esser venuta a Venezia con il marito, avverte di avere 
						il «"cuore trafitto" da questo genere di pubblicità 
						invasiva». E si potrebbe andare avanti. I commenti alla 
						petizione sono più o meno tutti sulla stessa falsariga. 
						Per carità nulla di trascendentale. Pittoresco questo 
						sì. Che sia anche il segno dei tempi? | 
                   
                  
                    
                       
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						Tornano le pubblicità sui 
						vaporetti, non semplici avvisi di dimensioni discrete ma 
						pur sempre visibili, ma l'intero vaporetto rivestito di 
						decalcomanie colorate. La pubblicità in Canal Grande è 
						assolutamente bandita ma continuano le deroghe a questo 
						regolamento.  | 
  
                   
  
                  
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                      Vaporetto pubblicità 
						esposizione Palazzo Grassi 2011 | 
                   
                  
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                      Vaporetti pubblicitario 
						Biennale arte 2011 | 
                   
                  
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                    | 
                      Inoltre la già scarsissima 
						visibilità lasciata ai poveri passeggeri viene azzerata 
						dalla completa occlusione dei finestrini | 
                   
                  
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                    | 
						 
						Oltre che sui vaporetti, 
						questa invasione di pubblicità aggressiva ha ricoperto 
						integralmente e per anni i monumenti più importanti 
						della città come si può vedere dalle immagini che 
						seguono. Non 
						sono un professionista pubblicitario ma non credo che la 
						visibilità e il successo di un messaggio dipenda dalla 
						superficie impiegata. Penso che un piccolo logo dello 
						sponsor, collocato al margine della facciata, possa 
						rimanere più impresso nel passante di una arrogante e 
						invasiva paginata. 
						
						Pur non piacendo a nessuno, 
						poche sono le voci che si sono levate contro, fra queste 
						riportiamo un articolo di Giorgio Camuffo uscito sulla 
						Repubblica che da esperto condanna senza mezzi termini 
						questa grande abbuffata di immagini imposte in una città 
						che richiederebbe estrema discrezione in ogni intervento 
						effettuato sull'arredo urbano.  
						 | 
                   
                  
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						Il Ponte dei sospiri 
						inghiottito dai manifesti pubblicitari    | 
                   
                  
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                    | 
                       Buona notizia | 
                   
                  
                    
                        | 
                   
                  
                    | 
                      Desidero segnalare una buona 
						notizia in controtendenza rispetto all'orgia di 
						manifesti attaccati dovunque, uno di quegli interventi 
						che costano poco ma che hanno un grande impatto sulla 
						qualità della vita almeno per le persone che soffrono 
						quando l'occhio non riesce a riposarsi, oltraggiato da 
						graffiti, fili della luce pendenti, avvisi, appesi 
						ovunque. In questi 
						giorni gli operai del Comune hanno fissato ai muri dei 
						supporti in rame sui quali affiggere i manifesti, in 
						modo da eliminare la totale anarchia tuttora imperante.  | 
                   
                  
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                      Vecchio cartello delle 
						affissioni ancora al suo posto, vedi anche:
						un cartello è 
						per sempre.  | 
                   
                  
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                      Uno dei vecchi supporti per affissioni 
						pubbliche | 
                   
                  
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                      I resti del supporto per gli 
						"Annunzi Ufficiali" a San Giacomo dell'Orio. Si noti lo 
						spessore della fusione in ferro destinata a durare nei 
						secoli (e il cavo elettrico che lo attraversa..) | 
                   
                  
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