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 Forum: La variabile "tempo"

 
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  L'autore al suo posto di lavoro mentre attende l'arrivo dei contributi per la salvaguardia delle barche tradizionali

 

La variabile "tempo" 

Lo scorrere del tempo è una variabile determinante per la riuscita positiva o negativa di una medesima azione, dichiarare trionfalmente (a scelta): stanziati tot milioni di euro per la nobile causa X, condannati i colpevoli del reato Y,  installato un semaforo nell’incrocio pericoloso Z, ecc., non vuol dire nulla se non si aggiunge che lo si è fatto entro una data giusta e ragionevole.

 Per esempio una causa civile che dura in media dieci anni - parliamo del primo grado di giudizio(!) - equivale comunque a non avere giustizia qualsiasi sia l’esito finale. Non solo ma il ritardo - già di per se scandaloso - ha una valenza opposta per colpevole e vittima, il primo lo vive come una assicurazione sul successivo condono, indulto, amnistia, patteggiamento o altro. La vittima, viceversa, trascorre l’attesa soffrendo lo stillicidio quotidiano di un’ingiustizia che gli impedisce finanche di dimenticare il torto subito. Nel caso ci riuscisse lo stesso, dovrà rivivere tutto a distanza di decenni, ricordarsi dov’era, cosa aveva mangiato, e rispondere alle domande inquisitorie della corte, che la tratta peggio del colpevole.

 Tuttavia se dieci anni sembrano troppi, che dire dei giudizi relativi a reati risalenti a sessant'anni fa, che condannano ex gerarchi fascisti e nazisti? Il titolo gridato nelle prime pagine di quest'anno: Marzabotto dieci ergastoli e sette assolti. Dopo 62 anni sentenza per l’eccidio. Ma gli ex SS sono contumaci, non è giustizia è una derisione nei confronti delle vittime, o meglio, dei loro nipoti. 

Ma anche dare il premio Nobel ad un ultra ottuagenario è una beffa, specialmente per il milione di euro che lo accompagna, equivale un po’ a mandargli all’ospizio una entreneuse. Un premio di un milione di euro va dato ad un uomo o una donna nel pieno delle loro facoltà e della loro energia vitale, correndo pure il rischio che si montino la testa e vadano a giocarseli al casinò. 

Naturalmente non tutte le cose vanno così a rilento, solo alle cose oneste capita questo destino, le azioni malvagie o illegali viaggiano alla velocità della luce, devono farlo, altrimenti qualcuno se ne accorge e si rischia il loro blocco.  

C’è poi la sensazione che, specialmente per certi argomenti, il tempo non passi mai, e sia ormai non inutile ma impossibile parlarne proprio per ragioni fisiologiche, non potendo avere idee “fresche” su un tema di cui si è sentito dibattere, negli stessi termini, fin da bambini. Cito così a braccio: la guerra fra Israeliani e Palestinesi, i rapporti fra Stato e Chiesa - con dispute identiche a quelle dell’epoca di Mazzini e della presa di Porta Pia - la riforma della scuola, l’energia nucleare, il traffico ecc. A Venezia invece i tormentoni sono l’Arsenale, il MOSE, la sublagunare, la perdita di abitanti, la pressione turistica, il moto ondoso, ecc.  

Cosa centra questo con le barche? Centra, perché anche i nostri sforzi per il recupero degli ultimi scafi, per il salvataggio delle testimonianze raccolte sul campo, per la stampa dei nostri libri, si arenano contro il muro di gomma delle procedure, dei bandi, dei “tempi tecnici”, dei “le faremo sapere...”. E se qualche aiuto arriva è sempre fuori tempo massimo, quando non serve più o quando fare le stesse cose è centinaia di volte più costoso.  

Tanto da portarmi a formulare una teoria che, per quanto perversa, ha buone possibilità di avverarsi, e cioè: finché rimarrà ancora uno solo degli scafi tradizionali a galla, non inizierà mai un serio programma per la loro salvaguardia.

 

 

 

 

 

 

 

:penzo.gilberto
 

email Gilberto Penzo