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Grandi navi a Venezia

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  Degrado veneziano
   
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 
 

Endrizzi (M5S): "Mose, nomi e cognomi dello scandalo in laguna"

 

Cari amici a proposito dello "strusci" della Carnival Sunshine ho ridisegnato quanto successo perché un conto è pubblicare la rotta come una linea semplice e un altro è mettere gli ingombri di questi mostri.

Ho procededuto come segue:

- importato e messo in scala pianta con la rotta come rilevata dal sito

- trasformato la rotta spezzata in curva passante per i punti rilevati

- aggiunta dell’ingombro laterale della nave

- posizionamento delle silhouette della nave e del motobattello

- rotazione della nave con uno scarroccio di circa 10° 13° come si evince dalla posizione di contrasto del rimorchiatore di poppa

 In conclusione lo spigolo del giardinetto potrebbe essere stato lontano dalla riva circa dai 41 a 50 metri. Distanza che a mio parere per una nave lunga 270 è comunque veramente esigua.  

 
Infatti bisogna tenere presente che il trasponder è in genere in corrispondenza della plancia a prua ma la poppa è a circa 200 metri dietro, in più quando a nave vira lo fa scarrocciando di poppa. Infatti non è successo nulla di grave (per ora) per lo sforzo del rimorchiatore di poppa a sinistra che ha contrastato, virando con macchina a tutta forza, lo scarroccio amplificato dalla mare a entrante
 
Le "Autorità" continuano a ripetere la leggenda ridicola delle navi che viaggiano su un binario che impedisce di uscire dalla rotta e avvicinarsi a riva. Peccato che da sempre le navi erano ormeggiate sia nella riva dei Sette Martiri che alle zattere, vedi foto.
 
 
 
 
 

Grandi Navi a Venezia, la denuncia di Bettin: «La Sunshine a pochi metri dalla riva»

L’assessore all’ambiente Bettin contro la Carnival Sunshine: «Più che un inchino è stato uno struscio molesto». Scoppia la polemica. La Capitaneria: «Nessun pericolo»

La Nuova Venezia 28 luglio 2013

VENEZIA. «Attorno alle 11.15 la Carnival Sunshine, delle Carnival Cruise Lines, (oltre 102 mila tonnellate di stazza, lunga 272 metri e larga 35 e alta 62), una della grandi navi da crociera che quotidianamente in questa stagione partono o arrivano a Venezia, secondo le testimonianze che ci sono giunte, è passata a non più di una ventina di metri da Riva dei Sette Martiri, come si vede dalla foto. Secondo i testimoni, l’impressione è che si sia trattato di un errore di manovra, che tra l’altro ha stretto tra nave e riva un vaporetto pubblico e altre imbarcazioni».

È il racconto di Gianfranco Bettin, assessore all’ambiente del Comune di Venezia, che ha raccolto le testimonianza sull’episodio avvenuto in mattinata. «Vorremmo sapere da chi di dovere quale sia, dunque, la vera ragione di questo passaggio ravvicinato che, più che un “inchino”, assomiglia a uno “struscio” – molesto quanto rischioso. L’ennesima prova che il decreto Clini-Passera va applicato al più presto». Un racconto che ha scatenato l'ennesima grande polemica sul passaggio delle Grandi Navi a Venezia.

Lo scrittore Ferrucci, testimone: "Non è la prima volta". «Ero seduto al bar a leggere, come faccio spesso, e ho visto la nave "scodare": anzichè passare al centro del canale ha sfiorato la riva, stringendo per di più pericolosamente un vaporetto dell'Actv. È stato impressionante». È il racconto dello scrittore Roberto Ferrucci, che ha assistito all'episodio denunciato dall'assessore comunale Gianfranco Bettin. «Non è la prima volta che accade - denuncia Ferrucci - era successo con un'altra nave dieci giorni fa. Sicuramente il comandante ha preso male la manovra, anche se dietro a lui c'era il rimorchiatore. Dopo si è raddrizzata, ma ci ha fatto una certa impressione».

La nota della Capitaneria: "Nessun problema". In merito all'ingresso della Carnival Sunshine la capitaneria di porto ha diffuso questa nota: "Alle ore 10.36 è entrata dalla bocche di Lido la motonave Carnival Sunshine, bandiera Bahamas, tonnellate di stazza lorda 101.353, diretta alla stazione marittima, dove si è ormeggiata alle ore 12.06, alla banchina VE117. Durante la navigazione dalla bocca di Lido alla banchina, effettuata come previsto dalle vigenti disposizioni, con due piloti a bordo e due rimorchiatori d'ausilio, da quello che risulta a questa autorità marittima non si sono verificati problemi di alcun genere, per quanto riguarda la sicurezza della navigazione".

Il ministro Orlando: "Ridurre subito i passaggi". L'episodio della nave da crociera Carnival Sunshine «conferma la presenza di un alto rischio che stiamo affrontando. Stiamo approntando soluzioni strutturali ma che, come ho sottolineato nell'ultimo incontro che si è svolto nei giorni scorsi presso il Ministero dei trasporti e delle infrastrutture, si devono incrociare con interventi di riduzione del rischio per il periodo transitorio». Così il ministro dell'Ambiente, Andrea Orlando rilevando che «in questo senso si deve sviluppare il lavoro comune che abbiamo avviato con il Ministero dei Trasporti affrontando il tema della riduzione dei passaggi, per assumere decisioni in proposito contestuali a quelle che riguarderanno la navigabilità della laguna».

Il sottosegretario Borletti: "Vietare il passaggio". "Ancora una volta suona un campanello d’allarme che impone lo stop alle grandi navi a Venezia. È necessario, subito, un confronto che sancisca l’assoluto e immediato divieto di transito nel Canale della Giudecca e l’eventuale analisi di soluzioni alternative". Lo afferma il sottosegretario ai beni culturali, Ilaria Borletti.

La compagnia Carnival: "E' passata a 72 metri dalla riva". «La notizia è completamente falsa: la nave è passata a 72 metri dalla riva seguendo l'itinerario previsto e ben entro i limiti consentiti»: lo sostiene in una nota Carnival. «In quel momento la nave era sotto il comando del pilota del porto e la distanza dalla riva è stata verificata sia da Carnival sia dalla Guardia Costiera sulla base dei dati del VDR (voyage data recorder) della nave stessa».

La polemica su Twitter: "Vergognatevi". Non ha resistito l'armatore Micky Arison, Ceo della Carnival Corporation e al passaggio della Sunshine in San Marco ha twittato entusiasta la foto della grande nave nelle acque del bacino. Poche ore dopo la risposta, sempre con un cinguettio, del consigliere comunale Beppe Caccia: "Vergogna, avete messo a rischio Venezia".

 
 
Effetto delle eliche laterali di una nave da crociera all'ormeggio usate per contrastare il vento laterale
 

7 luglio 2013

LA CAPITANERIA

«CARNIVAL SUNSHINE, MANOVRA REGOLARE»

 

Venezia - Il passaggio assai ravvicinato della nave da crociera Carnival Sunshine stamane davanti al molo di San Marco non ha comportato «problemi di alcun genere per quanto riguarda la sicurezza della navigazione». Lo afferma una nota della Capitaneria di Porto di Venezia, che dopo la segnalazione dell’episodio fatta dall’assessore comunale Gianfranco Bettin ha avviato una serie di verifiche sulle procedure seguite dal “gigante del mare” per l’ingresso in Porto. La Carnival Sunshine, 101.353 tonnellate di stazza, «è entrata alle 10.36 dalle bocche del Lido, diretta alla stazione marittima, dove si è ormeggiata alle 12.06, in banchina Ve117». «Durante la navigazione dalla bocca di Lido alla banchina, - prosegue la nota -effettuata come previsto dalle vigenti disposizioni con due piloti a bordo e due rimorchiatori d’ausilio, non si sono verificati problemi di alcun genere per quanto riguarda la sicurezza della navigazione».

«Basta grandi navi». «Occorre dire basta alle tragedie sfiorate sulle rive dei canali di Venezia, i passaggi a piazza San Marco e sul Canal Grande vanno vietati». Lo afferma Michele Anzaldi del Pd riferendosi all’episodio accaduto oggi a Riva dei Sette Martiri, annunciando un’iniziativa in Parlamento. «Con la riapertura della Camera lunedì - spiega il parlamentare - avvierò una raccolta di firme per proporre un provvedimento che ponga un divieto chiaro ai passaggi dei transatlantici a pochi metri dalle rive del centro di Venezia. Oggi abbiamo il paradosso di zone di altissimo pregio ambientale, anche disabitate, vietate, mentre i centri abitati come Venezia, dove si trovano centinaia di persone, restano aperti a qualsiasi tipo di passaggio». «Le tragedie della Costa Concordia al Giglio e della Jolly Nero a Genova - aggiunge Anzaldi - evidentemente non hanno insegnato niente. Basti pensare che le grandi navi che passano vicino San Marco viaggiano normalmente a 6 nodi, una velocità doppia rispetto a quella che ha portato al recente disastro del porto di Genova, con una media di 6-7 navi al giorno. Il turismo, ovviamente, non va penalizzato, ma non si può pensare di mettere a rischio per questo la vita delle persone, il patrimonio artistico-culturale, che viene danneggiato a ogni passaggio anche dalle semplici onde, di un gioiello urbanistico e ambientale come Venezia».

 

 
 
 

27 2 2012

Nella sala san Leonardo strapiena di cittadini attentissimi, il Professor d'Alpaos dell'Università di Padova ha illustrato con dovizia di documentazione storica e modelli matematici, l'andamento erosivo che ha trasformato progressivamente la laguna in un braccio di mare. Una tendenza in esponenziale aumento, causata dalla perdita di sedimenti che formavano le barene, espulsi dalle aperture delle bocche di porto a causa dello scavo dei canali e del moto ondoso che porta in sospensione il limo.

Tutte cose che chi va in barca conosce perfettamente, come sa chi naviga tranquillamente soprabarena a vela in tutta la laguna centrale e meridionale, ma vederle spiegate in modo scientifico fa un altro effetto. La soluzione? Riportare la laguna in un punto d'equilibrio nel quale le barene si auto rigenerino senza palificate o altre diavolerie artificiali, riducendo drasticamente la sezione dei canali e riducendo il moro ondoso umano e naturale.

Tutto risolto quindi?

Purtroppo il problema non è mai la risoluzione dei problemi scientifici o tecnici, il problema è che la volontà i cittadini e le persone di buon senso sono sistematicamente violentate da un ristretto comitato d'affari che ha un unico fine, il tornaconto economico, alla faccia di ecologia, qualità della vita, leggi o referendum popolari contrari.

I politici - autoeletti - rispondono solo a loro e sono la foglia di fico che camuffa malamente una palese oligarchia in finta democrazia. Questa è violenza. Come è violenza il mettere all'asta la casa per una multa non pagata, togliere il fido ad un imprenditore anche sapendo che vanta numerosi crediti dallo stato, far vivere pensionati con 800 euro al mese, spingere il correntista ad investire in titoli tossici, tenere un paese nell'ignoranza e nell'arretratezza culturale...

Ma è una violenza pulita, silenziosa, da colletti bianchi, nascosta in codicilli, norme scritte in corpo 4, raccomandate.

E non c'è raccolta di firme o iniziative di protesta che tenga, perché mentre si discuteva probabilmente in qualche stanza del potere stavano già firmando un contratto di scavo dei canali per far passare l'ultima meganave, o vendere l'ennesimo palazzo da trasformare in un albergo.

 

 
 
 

 

Il Venerdì de La Repubblica 3 2 2012  

l'onore perduto dei navigatori

di Paolo Rumiz 

TRIESTE. "No xe più i marineri de una volta" brontola, tra una sigaretta e l'altra il capitan Sandro Chersi, anni 62, seduto al tavolo dello Skipper point, bar di lupi di mare zeppo di carte nautiche, la porta aperta sulle luci di Trieste e la scogliera davanti alla quale, una volta l'anno, dispiega le sue duemila vele la più grande regata del Mediterraneo. Sul tavolo, un calice di rosso, una matita, ritagli di giornale con la storia dell'affondamento davanti all'isola del Giglio, il pesante manuale dell'ufficiale di rotta in uso negli istituti nautici d'Italia, e due semplici tabelle numeriche, una con i percorsi espressi in miglia rispetto ai tempi e una con la misura delle manovre di accostamento in acque ristrette, come quelle attraversate dalla "Concordia" davanti all'Argentario.
Per uno come lui, che ha battuto da ufficiale i mari del mondo e da velista per sei volte l'Atlantico, quei numeri dicono il disgusto per una storia che andrebbe affrontata dati alla mano e non con il "gossip indecoroso" che in troppi casi ha riempito i giornali. La decadenza marinara del Paese si giudica, più che dalla tragedia, dalla "cagnara" che ne è seguita, un fumo (una fumera, in parlata locale) di supposizioni che al solito cerca, all'italiana, "un solo uomo da impiccare", e non mette in discussione le complicità ramificate di un sistema, quello dei maxi-alberghi galleggianti, mostri che non sono più navi, con equipaggi a basso costo reclutati chissà dove. Un Paese che ha perso le mani, ha sostituito la competenza con l'elettronica e, nella scelta dei capi, la forza morale con l'arroganza e il bell'aspetto.


Il ruvido mare d'Oriente battuto dalla bora, che da Trieste scende lungo Istria e Dalmazia fino alle Bocche di Cattaro in Montenegro, fu per secoli spazio di grandi comandanti, prima per il Leone di San Marco, poi per l'Aquila bicipite austriaca e infine, dal 1918, per un'Italia amatissima e desiderata, ma talvolta portatrice - con i tempi moderni - di valori in collisione col rigore del mondo di ieri. Quando nel 1866 la flotta austriaca sconfisse quella italiana - superiore in uomini e mezzi - nelle acque dell'isola di Lissa, i marinai della prima erano triestini, istriani e dalmati, e gli ordini si erano dati in veneziano. "Deghe drento, Nane", ("Dateci dentro"), aveva urlato al timoniere l'ammiraglio Wilhelm von Tegetthoff, nato in Slovenia, un attimo prima di speronare l'ammiraglia italiana. Più che Austria contro Italia, fu Adriatico contro Tirreno, la solida tradizione millenaria della Serenissima contro quella fragile di una nazione tutta da fare, dove siculi, napoletani e lombardi faticavano ancora a capirsi.
A Trieste, dopo quella clamorosa vittoria, si disse con sarcasmo che "uomini di ferro su navi di legno" avevano messo sotto "uomini di legno su navi di ferro". E oggi che la modernità, dopo aver invaso il mare di burocrati ammanigliati e bellocci incompetenti, mette la città di fronte a vergogne come l'affondamento della "Concordia" e la fuga del suo comandante durante le operazioni di salvataggio, di fronte a un tale segnale di collasso che arriva proprio dal Tirreno, negli yacht club e sulle banchine adriatiche del porto di Trieste si sente borbottare un anatema ancora più bruciante, e cioè che ora è arrivato il tempo degli "uomini di merda su navi di plastica". Un tempo nel quale, al legno e al ferro, è succeduta anche la ruggine e l'incuria.


Davanti all'Adriaco Yacht Club stanno allineate decine di barche ultra-centenarie pronte a prendere il largo, lustrate come spose e immuni dall'infezione della plastica, monumenti alla bellezza capaci di accarezzare il mare come le dita di un pianista. È lì che impari le regole antiche di una marineria che esclude bravate e che oggi, dopo la tragedia del Giglio, vuole riprendersi una rivincita. Alla Società Velica Barcola-Grignano ci pensano veramente a metter su una scuola di quelle di una volta. "In mare, dove finiscono le regole cominciano i codici", brontolano quelli che la sanno lunga, e per codici intendono le grane, i processi. E quelle regole spesso non stanno scritte da nessuna parte, ma sono figlie del buon senso. Per esempio: "Meo passar larghi che passar de mone". "Meglio passare larghi che passare da stupidi", come han fatto quelli della "Concordia".
Si racconta che secoli fa, quando il comandante veneziano Alvise Zorzi incrociò, in tempo di pace, una squadra ottomana di nove vascelli, la sua nave rifiutò di ammainare in segno di omaggio per il solo motivo ché il turco non voleva segnalare chi fosse al comando. Seguì un furioso cannoneggiamento con morti e feriti, fino a quando l'equivoco si chiarì. Si narra che Zorzi spiegò poi al suo armatore: "Me parse più presto dover patir morte et ogni altro pericolo che dover ammainare né honorar persone che non erano cognosciute". Al turco, poi, era parso ovvio di essere omaggiato in ragione della propria forza preponderante. 
Per il figlio del Mare Adriatico. invece, il diritto era questione di regole. La dignità della marineria stava sopra di tutto, anche delle mercanzie e della vita. 


"Nel caso della "Concordia" è successo esattamente il contrario, il business è venuto prima della marineria", taglia corto capitan Chersi, "tanto è vero che il comandante ha telefonato prima all'armatore che alla capitaneria, per i soccorsi". Ma è soprattutto quella storia dell'inchino che non va giù ai lupi di mare. "Conosco solo due tipi di inchini in marineria - incalza caustico lo skipper - c'è quello splendido e romantico della nave che, nei vari di una volta, metteva la prua sott'acqua per salutare coloro che l'avevano costruita; e poi c'è quello di chi non ce la fa ad attraversare il Golfo del Leone e deve passare sotto costa fino alle foci del Rodano. Se poi i tirrenici hanno inventato altri inchini, come quello sciagurato davanti all'isola del Giglio, mi è cosa nuova". Lì, infatti, siamo piuttosto davanti all'inchino al Dio denaro, alle necessità pubblicitarie dell'armatore, in barba alle più elementari norme di sicurezza.
"Quella nave passeggeri non doveva essere lì, così vicina alla costa. Non posso che pensare a una grave negligenza da parte del personale in servizio alla plancia di comando, a meno di un imprevisto di natura tecnica", dice il comandante Giuseppe Baici, nato a Cherso 71 anni fa, comandante di navi da crociera, all'epoca per conto della Società Adriatica. "Non capisco come sia stato possibile uscire dalla rotta in quel modo". Baici conosce bene quel tratto di mare e ha solcato infinite volte il corridoio tra l'Argentario e l'isola del Giglio. "Si parla di inconvenienti tecnici, ma ritengo che tutto possa essere ovviabile: se in plancia c'è attenzione, questi incidenti non succedono. L'unità è uscita dalla rotta e il personale di guardia alla plancia di comando se ne sarebbe dovuto accorgere". E ancora: "È buona regola non affidarsi completamente alla tecnologia. Un marinaio esperto mantiene sempre il controllo. Ai miei tempi i turni di guardia in plancia prevedevano almeno la presenza di un ufficiale, un sottufficiale e un timoniere". 


E così, davanti alla fuga del comandante Schettino, Trieste rumina nostalgie per l'antico ordine adriatico, quando i capitani del glorioso Lloyd Triestino erano ancora semidei, attesi e festeggiati sulla banchina dall'intero consiglio di amministrazione della compagnia; quando dopo le scuole nautiche si faceva una durissima pratica di bordo, e prima di diventare mariner, il neofita passava anni come mozzo, poi a forza di piade nel cul (leggi "calci nel sedere") saliva al grado di giovinoto e, infine, di aspirante. "Oggi, su una nave come quella affondata in Tirreno" spara rauco il comandante Chersi "avrai sì e no venti marinai d'esperienza su mille uomini d'equipaggio. E il comandante non è più l'autorità suprema dopo Dio".
Dall'Italia del dopoguerra è arrivato poco di buono per la città che era stata porto dell'impero austriaco. Scippo dei cantieri navali, chiusura della Fabbrica Macchine specialista in grandi navi, porto paralizzato da una cricca locale in combutta con ammanigliati faccendieri romani o tirrenici, cancellazione del nome del Lloyd Triestino venduto ai cinesi, progetto di un rigassificatore pericolosissimo nel cuore del porto con la prospettiva che il passaggio delle immense gasiere paralizzi, per motivi di sicurezza, l'intero traffico mercantile, e, come se non bastasse, impoverimento dell'istituto nautico più antico e glorioso d'Italia da parte del governo Berlusconi (che per beffa ha sovvenzionato un nuovo istituto privato nel Bergamasco, la terra più ferma che ci sia). Nella vicina Monfalcone, lo stabilimento Fincantieri ha prodotto giganti da crociera simili alla "Concordia", ma per tenere i costi bassi ha importato personale forestiero dequalificando le competenze locali e cambiando i connotati alla città. E ora, dopo la tragedia del Giglio, rischia di vedere un brusco calo di commesse.
"La domanda è: siamo preparati a portare in giro navi da 4000 passeggeri?" chiede ancora Chersi. "Conosco già la risposta degli armatori: se non lo facciamo noi, lo fanno gli stranieri. Cinesi, coreani, inglesi. Ma per farlo, gli armatori italiani che fanno? Reclutano a loro volta stranieri che lavorano per 800 euro al mese. E poiché un italiano ne costa tremila, ecco che si addestrano sempre meno italiani. Il risultato è visibile. Quelli che resistono alla falcidia sono bravissimi, ma intanto l'Italia diventa una nazione sempre meno marinara". L'intero sistema fa acqua. Sono le scuole nautiche cui vengono tolti i finanziamenti per fare pratica in mare, sono le capitanerie piene di gente che ha navigato poco o nulla.


Anni fa, nel Mare del Nord, un traghetto partì col portellone aperto, si rovesciò e fece centinaia di vittime. Dopo pochi giorni, i provvedimenti tesi a evitare il ripetersi di un simile incidente erano già stati presi. In Italia, si brontola a Trieste, a settimane dalla tragedia, nessuno ha ancora pensato a interdire la navigazione fra l'Argentario e il Giglio. Così ci si chiede: in che mani è la marina mercantile? La risposta sta in una regoletta aurea che gira negli Yacht Club sul tema dell'esame per la patente nautica. Questa: quanti più gradi ha la persona che ti interroga tanto più difficile sarà passare la prova. Ma il motivo è il contrario della competenza. Siccome in Italia fanno più strada i passacarte, è proprio questa corporazione sommersa che, per mascherare la sua impreparazione, fa le domande-trabocchetto.
"Schettino xe un morto che camina", è il commento più benevolo che senti nella città cara al cuore. Scappare dalla propria nave, il colmo del disonore. "Un comandante di una volta andava strappato a forza dal ponte in situazioni analoghe". E si ricorda il bravo Calamai che, nel 1956, rimase fino alla fine a bordo della "Andrea Doria" dopo lo speronamento subito dalla "Stockholm" e fu, nonostante questo, messo sotto accusa dal suo Paese sempre alla ricerca di capri espiatori. Vanno così le cose nell'Italia dei santi, degli scienziati e dei navigatori.

 

 

 

Segnaliamo nel sito della QPS la precisa ricostruzione della rotta suicida, e il confronto con il passaggio simile compiuto il 14 agosto 2011 durante il quale la nave passa a 164 metri dagli scogli... (ricordiamo che la nave è lunga 290 metri!). Da cui si evince che: passare vicino all'isola era una consuetudine, e che dire bugie in quest'epoca dove ogni nave è controllata al metro (ma anche noi con i telefonini...) è inutile e anche sciocco. Prima fra tutte l'affermazione che lo scoglio non era segnato sulle carte nautiche.

Guarda il tracciato minuto per minuto

Passaggio della Costa il giorno 14 agosto 2011
 

Confronto fra le rotte del 14 agosto 2011 e quella del 13 gennaio 2012


 

Le navi sono sicure è impossibile un "Errore Umano"...
 
La Costa Concordia (dal sito de La Repubblica)
 
Da Facebook
 

 

Alcune immagini della protesta contro le grandi navi. Foto di Roberto Zavagno 14 gennaio 2012
Foto di Roberto Zavagno 14 gennaio 2012.
Foto di Roberto Zavagno 14 gennaio 2012
 
 Altre foto sul sito de La Repubblica

 

La Nuova Venezia 11 9 2011

Fumo nero e dall'odore acre dai camini della «Norvegian Jade» fin dentro le case ...

 
Altre foto di Manfredi Manera qui

 

Fumo nero e dall'odore acre dai camini della «Norvegian Jade» fin dentro le case di Riva dei 7 Martiri, tanto da spingere un residente a fotografare e segnalare la «nube», nel via vai di navi da crociera in Bacino tra traffico, spostamenti d'acqua e fumi. Puzzolente, ma non fuori norma, chiarisce la Capitaneria di Porto che ieri - raccolta la segnalazione - ha effettuato un controllo (normalmente eseguito a campione sulle navi in porto) dei fumi della «Norvegian»: zolfo come da limiti di legge e documentazione in regola. Resta l'inquinamento generale: una di queste navi emette in un giorno emissioni pari a quelle di 12 mila auto. (r.d.r.)
Il Gazzettino Domenica 11 Settembre 2011,
Una foto scattata da un lettore alle ore 7 di ieri al passaggio della nave Norvegian Jade di fronte alla chiesa del Redentore. «Le emissioni inquinanti costituiscono un reato grave per la salute degli abitanti e dei monumenti. In Norvegia, una nave così, non può nemmeno entrare in un fiordo figurarsi in un centro cittadino».
 
Tutto in regola quindi, guardate, a proposito dei fumi, l'intervista alla Soprintendete Codello...
 
A proposito dei possibili danni provocati dalle grandi navi nella laguna di Venezia, guardate questa intervista della soprintendente Renata Codello.
 
 
 
 
Altra intervista sulla salvaguardia di Venezia e i rapporti con lo Stato
 
 

 

 

 

 

 
 
 

 
 
Colosso da crociera rischia di incagliarsi a riva Sette Martiri
Il gazzettino Martedì 2 Novembre 2010,
 
Una nave da crociera ha rischiato rischia di incagliarsi in riva dei Sette Martiri. Un incidente sfiorato quello capitato nella mattinata di sabato a una nave da crociera inglese durante le manovre di attracco.
      Pochi secondi durante i quali la nave si era bloccata nel fondale nei pressi della riva ma sufficienti a scatenare le polemiche di quanti, tra i residenti della zona, lamentano da tempo i problemi causati dalla permanenza di imbarcazioni di grande stazza nel quartiere di Castello est.
      «Sabato è andata bene, non c'era bassa marea - dice Giorgio, un residente - ma resta il fatto che questa non è la zona adatta per far attraccare navi di questa grandezza, il fondale è troppo basso. Non parliamo poi di tutti gli altri problemi che provocano come il continuo disturbo a quelli che vivono qui e che non riescono a veder la televisione e il moto ondoso causato dal loro passaggio qui in bacino».
      Una soluzione era stata ventilata quest'estate dall'assessore Carla Rey e prevedeva la costruzione di una piattaforma all'altezza di Cavallino e il trasporto dei passeggeri con gli aliscafi fino a San Pietro, una soluzione che aveva lasciato però scettici alcuni dei commercianti della zona. 
      «La gente viene a Venezia per passare davanti a Piazza San Marco - spiega il responsabile del comitato dei commercianti di Castello est, Claudio Silvestro. Il quale parla di allarmismo eccessivo «per quello che sabato sarà stato al massimo un pò di sollevamento di sabbia del fondale».
      «Mi sembra una esagerazione - conclude Silvestro - Le grosse navi stazionano qui eccezionalmente quando c'è il ponte votivo della Madonna della Salute e il Redentore e quindi non possono passare oltre. E poi non dimentichiamo che queste navi portano turismo in un quartiere che attualmente rischia di venire ghettizzato».
      Elisabetta Savarese

 

 

 

: penzo.gilberto