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La gondola è l'unica barca che non può essere riflessa fotograficamente perché è completamente asimmetrica. Quindi per noi veneziani è facile capire quando (in passato) un negativo era stampato rovescio o ora quando il grafico riflette con Photoshop senza prima riflettere. Che questo errore capiti ad un o straniero, passi ma che lo faccia il giornale locale, l'Alitalia, l'aeroporto di Venezia e altre realtà veneziane la dice lunga sulla superficialità dell'operare.
 
Questo è il depliant della regata Storica 2017, con i gondolini ma soprattutto con la piazza San Marco speculare! 
 
 
 

Questa è appesa all'aeroporto di Venezia. Per convincerci a fare questa "amazing experience" hanno messo una finta gondola utilizzata nella finta Venezia di Macao e  l'hanno perfino stampata al rovescio! Difficile fare di peggio.

Una gondola fra le nuvole e con il remo sbagliato, La Nuova Venezia, 2 febbraio 2017

 
 
 
 
 
 
 

 


 

Alcune considerazioni: Ma su 500 dipendenti non ce ne uno che controlli la merce prima di esporla? Secondo, ammesso che la gondola fosse diritta non acquisterei mai una cosa cosi kitsch anche ad un prezzo così favorevole di soli 380 euri.


 

 

 

 La gondola è l'unica barca che non può essere riflessa fotograficamente perché è completamente asimmetrica. Quindi per noi veneziani è facile capire quando (in passato) un negativo era stampato rovescio o ora quando il grafico riflette con Photoshop senza prima riflettere.  

Sulla chiesa della Pietà e su quella degli Scalzi troneggiavano queste gondole per "mancini".

 

Fortunatamente dopo alcuni giorni hanno corretto il poster con una nuova grafica. Colgo anche l'occasione per sottolineare come i "restauri" di queste chiese, sulle cui impalcature vengono affisse le pubblicità, durino stranamente molti decenni ...


 

Riporto questa notizia curiosa e interessante sulle protezione dai raggi del sole in gondola. Naturalmente bisognerebbe trovare almeno un'immagine, fra le migliaia che raffigurano  gondole, di passeggeri con questo attrezzo per dare una attestazione storicamente certa di questa usanza.  

 

“Vetri da gondola”, gli occhiali da sole inventati a Venezia

Nacquero nel ’700 ed erano costruiti con lenti verdi, colore caratteristico del vetro della Serenissima ricavato da un materiale ancora misterioso

 

di Vera Mantengoli

VENEZIA

A qualcuno non piace caldo. I riflessi del sole sui canali che tanto hanno ispirato l’animo di artisti, come per esempio quello di William Turner, sono stati una vera preoccupazione per chi faceva del pallore un simbolo di nobiltà. In una città come Venezia il riverbero della luce sull’acqua rischiava di scalfire il biancore del volto, provocare rughe, ma soprattutto annerire la pelle, tratto per l’epoca tipico delle classi inferiori. Insomma, vade retro sole. Il fastidio doveva essere tale da spingere qualcuno a inventare un parasole da viso in modo da proteggere le nobildonne durante le attraversate sulle imbarcazioni. Sembra infatti che le ricche signore usassero una specie di specchio tondo, provvisto di manico, realizzato con una lente verde, colore caratteristico del vetro veneziano, ricavato da un materiale ancora misterioso. Martedì 7 alle 18 al Museo dell’Occhiale di Pieve di Cadore saranno visibili per la prima volta cinque esemplari (sugli otto conosciuti) dei cosiddetti «Vetri da Gondola o Vetri da Dama», esposti alla mostra «Pararse i Oci nella Venezia del ’700», a cura di Laura Zandonella, su progetto dell’ottico veneziano Roberto Vascellari e in collaborazione con l’Assopto, aperta fino al 30 novembre. Fino a poco tempo fa l’unico esemplare in questione visibile (un altro è nella collezione privata di Ingrid e Werner Weismueller) apparteneva alla collezione del designer di occhiali Pierre Marly, esposta a Parigi al «Musée des Lunettes et Lorgnettes», attualmente chiuso. Il patrimonio, acquistato da Essilor, vive oggi al «Musée des Lunettes» nella regione Jura a Morez, la capitale degli occhiali francese. Il nome dell’antico museo non era comunque casuale. La prima persona che nomina questi bizzarri oggetti iniziando a solleticare la curiosità dei collezionisti è stata infatti Madame Alfred Haymann, una nobildonna francese nata a Parigi nel 1844, autrice di un libro intitolato appunto Lunettes et Lorgnettes de Jadis, edito da J. Leroy nel 1911 (300 copie stampate, 40 rimaste in circolazione). È in questo famoso libro che la signora inserisce per la prima volta al mondo una stampa con la raffigurazione di un «vetro da gondola o vetro da dama», descrivendolo come: «Occhiale da gondola con vetro verde per preservare la vista dal riverbero. Venezia, XVIII sec.».

Forse madame ne possedeva uno, ma non è stato mai ritrovato. Gli altri cinque esemplari hanno una storia non da meno. Qualche mese fa il collezionista milanese Luca Maioli riesce ad acquistare la sezione vetri colorati di una collezione tedesca di lenti, in vendita. Tra vetri azzurri, viola, gialli e rossi, appaiono anche cinque esemplari di «vetro da gondola», di cui uno piccolo, destinato con molte probabilità a un bambino, tutti rigorosamente realizzati in vetro verde. Grazie al supporto dell’Assopto l’ottico Roberto Vascellari, ne acquista uno, fatto di legno decorato con la classica lacca veneziana, raffigurante una donna con un cesto pieno di fiori. È lungo circa 30 cm e largo 18.

A questo punto entra in campo lo spirito curioso di Roberto Vascellari che già qualche tempo fa aveva richiamato l’attenzione su un particolare paio di occhiali, ancora una volta veneziani, chiamati «Occhiale Goldoni», muniti delle stesse lenti verdi. Siamo nel Settecento, i raggi UV vengono scoperti nel 1870. Impossibile che se ne sapesse perfino l’esistenza. Eppure, grazie all’esperienza, gli ottici di quel periodo avevano probabilmente capito che le lenti verdi, fabbricate solo a Venezia, non recavano danni agli occhi. Come mai proprio le verdi? Così, per curiosità, Vascellari prova a mettere le lenti verdi veneziane sotto lo spettrofotometro e rimane altamente stupito di quello che vede. Le lenti verde veneziane riparano con grandissima precisione dai raggi UV, addirittura quelle degli «occhiali Goldoni» superano quelle prodotte da Giuseppe Ratti nel 1956 per la spedizione di Lino Lacedelli sul K2. Si informa contattando il Maestro Vetraio Gianni Moretti e il ricercatore padovano Sandro Zecchin fino alla Stazione Sperimentale del Vetro di Murano, diretta da Roberto Falcone, che conferma che questa caratteristica è data dalla presenza del ferro nel materiale, ma più di questo non può dire, almeno fino a quando non si analizzi un frammento di lente verde. Quelli da collezione non si possono usare, ma ci sarebbe una sola possibilità che si trova al Museo Correr. Qui, nell’archivio, c’è un occhiale a forbice con lenti verdi rotto, ma nessuno ha ancora chiesto il permesso. Si potrebbe svelare una curiosità che appartiene alla storia veneziana e, fanno sapere, basterebbe una scheggia di soli tre millimetri…

La Nuova Venezia 5 8 2012

 
Il Museo di Vascellari con strumenti di protezione dai raggi solari
 

 


La Nuova Venezia 3 agosto 2012

 

I "BANCALI"

« Non tagliate la gondola il riccio resti al suo posto»

 

«Rimettete a posto il riccio di poppa delle gondole». La circolare è stata inviata a tutti i gondolieri dal presidente dei bancali Aldo Reato. Fa discutere la brutta abitudine, denunciato nei giorni scorsi dalla Nuova, di tagliare di netto la parte poppiera dell'imbarcazione più famosa del mondo. «Con l'alta marea non passiamo sotto i ponti», denunciano i gondolieri.

Qualche anno fa la soluzione era stata quella di installare a poppa un meccanismo mobile. Riccio ribaltabile, fissato con due viti, come il coperchio di una teiera in caso di marea troppo alta. Perché al contrario di quel che si crede è la poppa la parte più alta della gondola, più ancora del ferro di prua. Ma negli ultimi tempi i gondolieri più intraprendenti sono passati a sistemi più radicali. Via di netto il riccio, poppa abbassata di 25 centimetri, il necessario per passare senza problemi sotto le arcate dei ponti anche con marea sostenuta. «Ma non possiamo permettere l'alterazione dell'imbarcazione più famosa del mondo», continua Reato, «abbiamo gli occhi del mondo addosso e una responsabilità: quella di mantenere la nostra tradizione. Ho personalmente rimesso a posto la gondola di un collega, invitato tutti coloro che non sono in regola a farlo al più presto, per qualcuno è stato anche avviata la segnalazione. Ma speriamo che il buon senso prevalga».

Al centro dei riflettori e anche di critiche, perché nel pieno della stagione turistica i traghetti di parada sono un po' trascurati, i gondolieri hanno deciso di avviare una fase di «collaborazione» con la cittadinanza. «Sono partiti i lavori di sistemazione dei pontili del traghetto di Santa Sofia», dice Reato, «a spese nostre perché la convenzione tra associazione gondolieri e comune per la gestione dei pontili non è ancora scattata». A partire da settembre la gestione dei traghetti cittadini non sarà più del Comune ma affidata direttamente ai gondolieri. Ca' Farsetti risparmierà 650 mila euro l'anno di contributi per il servizio, le tariffe saranno aumentate a due euro per i turisti, dal primo gennaio a 0,70 per i residenti. «Lo scopo è quello di rilanciare i traghetti, farli funzionare meglio», dice Reato, «ci prendiamo la responsabilità di questo, i cittadini saranno contenti». Sul piatto c'è anche la possibilità di riaprire qualche traghetto abbandonato, come San Beneto o Ferrovia. Sarebbe un freno al traffico e al moto ondoso, e un ritorno alla tradizione. A quando a Venezia ci si spostava soprattutto con i traghetti a remi. Anche i collegamenti dalle Fondamente Nuove a Tessera e San Giuliano e dalle Zattere a Fusina erano garantiti nell'Ottocento con le barche a remi. Rilancio della tradizione e maggiore efficienza. E' questa la scommessa della privatizzazione.

Alberto Vitucci

 

 

Gondole senza il «riccio», protestano storici e puristi

Costume sempre più diffuso quello di tagliare la poppa per passare sotto i ponti Il presidente Aldo Reato: «Inviteremo i gondolieri a rispettare la tradizione»

 La Nuova Venezia 26 luglio 2012

di Alberto Vitucci

Gondole senza il ferro di poppa. Costume sempre più diffuso, introdotto qualche anno fa per «abbassare» la gondola nel suo punto più alto e passare sotto i ponti anche con l’alta marea. Che ha sollevato le proteste di storici e puristi perché stravolge la tradizione. «Abbiamo deciso di intervenire», dice il presidente della categoria Aldo Reato, «adesso invieremo a tutti i gondolieri una lettera, raccomandando che la tradizione sia mantenuta». Dovrebbe essere compito dell’Ente gondola quello di tutelare non soltanto il gondoliere ma anche l’imbarcazione più famosa del mondo dalle tentazioni moderniste. Fornendo le linee guida per gli arredi e la manutenzione. Ma negli ultimi tempi sono parecchie le gondole che da San Marco e a Rialto sfilano con la poppa tagliata. Al posto del risso o riccio di poppa un moncone in legno non molto rappresentativo. Qualche anno fa per risolvere il problema dei passaggi sotto i ponti con l’acqua alta qualche gondoliere si era inventato il «riccio ribaltabile». Due viti e la possibilità di aprire il ferro abbassando così l’altezza di una ventina di centimetri. Perché al contrario di quanto si pensa il punto più alto della gondola non è il ferro di prua, caratteristico «simbolo» con i denti che rappresentano i sestieri. Ma quello di poppa, con il riccio che risale a mille anni fae rappresenta secondo la tradizione l’andamento sinuoso del canale della Giudecca. Anche allora ci furono proteste per la rottura della tradizione e lo strano meccanismo «moderno» a poppa della barca più famosa del mondo.

Ma adesso, segnalano storici e studiosi, non c’è più nemmeno quel meccanismo. Il ferro, in molte gondole, è stato semplicemente tolto per fare la poppa più bassa. «Molti turisti pensano che le gondole siano fatte così, e non è vero», dicono, «e poi tra qualche decennio nell’iconografia moderna la gondola sarà stata trasformata, immortalata in quadri e foto senza una delle delle sue parti più importanti. Barca asimmetrica, lunga 11 metri e costruita con otto tipi diversi di legno, dal rovere all’olmo all’abete. Le uniche due parti in ferro della gondola sono appunto il ferro da prua e il riccio di poppa. Presenti pur in forme diverse da quelle di oggi anche nei quadri medievali e nei dipinti di Bellini e Carpaccio. Una tradizione che va conservata. Ne sono consapevoli anche i gondolieri. Tanto che il presidente dei bancali Aldo Reato, ha deciso di intervenire. Chiedendo di ripristinare almeno il meccanismo ribaltabile. Quando la marea è normale almeno la dignità è salva.


Se ne parlava già nel 2004
 
 
Conferenza organizzata dal Felze sul le problematiche del taglio dell'asta di poppa delle gondole. Da sinistra Saverio Pastor, Paolo Canestrelli, direttore del Centro Previsioni e Segnalazioni Maree e Roberto Tramontin
Gondole con la poppa tagliata, è bufera. La Nuova Venezia
 
 
 
 

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

: penzo.gilberto