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Nuovi maestri d'ascia a Venezia

 
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Dai nostri corsi sono usciti molti giovani abili  molti dei quali ora lavorano stabilmente nei cantieri navali veneziani. Alcuni addirittura hanno aperto una attività in proprio. Segnaliamo il caso di Silvia Scaramuzza una delle rare donne che hanno seguito il corso e che ora lavora presso il cantiere di Vento di Venezia.

 

di Alberto Vitucci
Silvia, l'unica maestra d’ascia a Venezia 
"Il mio amore per le barche in legno"

Silvia Scaramazza, 32 anni, è la prima «maestra d'ascia» che prova a continuare la tradizione dei Giuponi, dei Tramontin, dei Crea. Intervistata dalla Nuova Venezia racconta:"Cercavo un lavoro diverso, che mi lasciasse libertà"

 

VENEZIA. Uno squerariol di nome Silvia. Nella sua vita sta più in acqua che in terra: voga in mascareta la mattina, restaura e costruisce barche il pomeriggio e torna a casa in barchino la sera. Nel panorama dei nuovi mestieri lagunari - in realtà tradizioni antichissime finalmente riscoperte - un posto speciale è quello di Silvia Scaramuzza. 32 anni, originaria di Campalto, campionessa della voga - numerose bandiere e un quarto posto all'ultima regata di Sant'Erasmo, parteciperà alla prossima Regata Storica in coppia con Debora Scarpa - e da quattro anni restauratrice e costruttrice di barche tradizionali in legno. 

E' la prima, per ora l'unica «maestra d'ascia» che prova a continuare la tradizione dei Giuponi, dei Tramontin, dei Crea. Ragazza dal fisico asciutto e dall'occhio attento, nata in terraferma e subito approdata alla laguna e al suo mondo particolare di acque, legni e barene. Innamorata della voga e delle imbarcazioni in legno che della laguna hanno fatto la storia millenaria. Finita la scuola, Silvia ha capito che il lavoro in ufficio o in negozio non avrebbe fatto per lei. La gioia di vedere nascere nelle proprie mani le parti in legno che poi diventeranno barche, la libertà di scegliersi ritmi, orari e tecniche di lavoro, la magìa del «cantiere» che poi scodella una gondola, una caorlina, un pupparino un sandalo o una mascareta già bell'e pronte. Una diversa dall'altra, con dentro un piccolo pezzo dell'anima e dell'arte di chi le ha costruite. 

Dunque, la ricerca di un mestiere «altro». Ma soprattutto una scommessa da vincere: chi l'ha detto che solo i maschi sanno costruire una barca? Silvia è arrivata alla Certosa due anni fa, è entrata subito a far parte del cantiere di «Vento di Venezia» di Alberto Sonino. Sta ancora imparando i segreti del mestiere, ma è già un punto di riferimento per i suoi colleghi uomini. Che all'inizio guardavano con curiosità e un po' di diffidenza l'arrivo di una donna in un mondo, quello dei cantieri, tipicamente maschile. Silvia non si è scoraggiata. Ha cominciato pian piano. La mattina gli allenamenti in mascareta per cercare di portarsi a casa le bandiere della voga. Poi in cantiere a lavorare, con qualunque tempo, e a imparare i segreti dai colleghi più esperti. L'apprendistato nello storico squero di Nedis e Roberto Tramontin agli Ognissanti, e ora un presente da professionista e restauratrice nautica alla Certosa, nel gruppo dei giovani squerarioli di Vento di Venezia.
 


Una «maestra d'ascia» che da molti punti ai suoi colleghi uomini. Non è frequente. 
«Cerco di fare le cose bene. E poi questo lavoro mi piace ». 

Come hai imparato?
 
«Cercavo un lavoro diverso, che mi lasciasse molta libertà. Ho partecipato a un corso della Confartigianato con Matteo Tamassìa. Mi è servito e soprattutto mi è piaciuto moltissimo. Ed eccomi qua». 

Non è semplice imparare a costruire barche. 
«Il primo segreto è quello di rubare con l'occhio. Poi bisogna mettere in pratica». 

Bisogna anche avere una certa praticità, confidenza con gli attrezzi e i lavori manuali. 
«Mi è sempre piaciuto fare lavori di sistemazione e restauro, anche a casa, usare gli attrezzi, insomma arrangiarmi » 

Le barche sono un'alra cosa. 
«Ho cominciato nello squero di Roberto Tramontin. Lui faceva gondole di prima grandezza, c'era tantissimo da imparare. Alla fine dell'apprendistato voleva che restassi ma io ho voluto cambiare e sono venuta qui. L'ambiente è giovane, si lavora con entusiasmo e in allegria, mi trovo benissimo. All'inizio era dura, adesso ho un contratto regolare, sono contenta». 

Da chi hai imparato a «rubare con l'occhio» i segreti della costruzione?
 
«Da Tramontin e poi qui da Tamassìa, da Giovanni Da Ponte, che a 26 anni è il più giovane maestro d'ascia in circolazione». 

Una nuova generazione di squerarioli che lascia qualche speranza dopo anni di pessimismo e carenza di vocazioni. 
«Qui alla Certosa è nato un vero centro della nautica e della costruzione e del restauro di barche in legno. Il maestro d'ascia “anziano” Mathias Luman, bravo e molto preciso, Giovanni, altri che vengono a imparare. Nell'ex isola abbandonata adesso c'è un vero centro di produzione oltre che le officine e la darsena per ospitare le barche».


Quali sono gli ultimi prodotti del tuo cantiere?
 
«Abbiamo costruito le nove caorline da regata per la Provincia, tre sampierotte e una topetta, sette motoscafi sul tipo Dalla Pietà. Io poi ho restaurato numerose barche in legno, cofani, barchette, tope». 

La cura dei dettagli anche nelle riparazioni, tipicamente femminile. «Dicono così....» Una passione recente, quella delle barche? 
«Sempre avuta. Da piccola andavo a vogare, guardavo con ammirazione quelle imbarcazioni così belle, così diverse e adatte a navigare nei bassi fondali... 

La voga? «Ho vinto un po' di bandiere, partecipato anche alle regate a un remo di Murano. Ero una delle poche che venivano dalla terraferma, all'inizio la dominazione delle isolane era evidente. 

Adesso siamo quasi di più noi «cittadine». Una stagione che promette bene. 
«Con la mia nuova campagna, la pellestrinotta Debora Scarpa, stiamo facendo molto bene. A Sant'Erasmo siamo arrivate quarte, in bandiera, ma siano state forse un po' danneggiate al giro del paleto. Ma le polemiche non mi interessano. Puntiamo a far bene». 

Bandiera sicura in Storica a settembre? 
«Speriamo. Se come sembra non ci sarà Gloria Rogliani potremmo essere proprio noi, io e Debora, le avversarie più titolate per contendere il primato a Luisella Schiavon e Giorgia Ragazzi. Intanto ci alleniamo, speriamo bene». 

All'alba? «Certo, la mattina alle 7. E' l'unico modo per evitare il caldo ma anche le onde dei motoscafi. E poi in tarda mattinata devo venire a lavorare». 

Da una barca all'altra. «Sì ma non mi pesa, anzi. Un po' ce l'ho nel sangue, una passione, quella delle barche in legno, che mi porta a cercare di fare i restauri con pazienza, di curare i particolari ». 

In famiglia sono contenti di questo lavoro diciamo un po' anomalo per una ragazza di 32 anni? «Non sono sposata, abito al Lido. Mia madre Danila è molto fiera di avere una figlia così, il mio fratello maggiore anche. Adesso vi saluto perchè devo andare fino a Campalto a trovarli». 
Naturalmente, in barca. 
 

26 giugno 2011

 

 
 
 

 


 

 

 

 

 

 

 

: penzo.gilberto