Saranno celebrati domani, alle 11, nella chiesa
di Ognissanti a Pellestrina, i funerali di
Pietro Menetto , lo squeraiolo 60enne
spentosi sabato pomeriggio all'ospedale civile
di Venezia, dopo una brevissima e fulminante
malattia. Una vita spesa in gran parte in
cantiere, ad esercitare quello che per lui non
era soltanto un lavoro, ma una grande passione.
E proprio questa grande passione, che lo portava
a lavorare praticamente giornate intere,
ininterrottamente, unita ad un carattere
positivo e ad una gentilezza d'animo non comune,
lo ha reso nel corso degli anni una persona
molto stimata.
La
sua carriera inizia a 16 anni, quando per un po'
di tempo fa il lavorante nel cantiere dei
fratelli Attilio ed Angelo Schiavon, gli
inventori della sampierota. Pietro impara presto
il mestiere, anche perchè la sua famiglia, i
Menetto , è squeraiola da generazioni. Il
primo loro cantiere appare infatti nei documenti
dell'isola già nel 1764. La tradizione,
tramandata di padre in figlio, arriva ai cugini
Vitto e Pompilio, che decidono, all'incirca nel
1955, di dividersi. E così, dopo l'esperienza
con gli Schiavon, Pietro inizia a condurre la
sua parte di cantiere, quella del padre Vitto,
mentre i fratelli Attilio e Gabriele portano
avanti la parte di Pompilio. I due cantieri sono
vicinissimi, praticamente comunicanti,
posizionati vicino al cimitero di Pellestrina,
ma ciò non porta rivalità.
«Era bravissimo - racconta il cugino Attilio -
creava opere d'arte. Ha realizzato delle
sampierote bellissime; una l'anno scorso è
andata in Germania, ma anche topi e pescherecci
di grandi dimensioni. La sua clientela proveniva
principalmente dal Veneto, con in testa le
remiere di Mestre, che hanno molte sue
imbarcazioni». Ma il cugino Attilio si sofferma
anche nel rapporto umano: «Mi mancherà, più che
cugini eravamo fratelli. Ci parlavamo da
cantiere a cantiere. Era bello».
Annalisa Busetto |